Il 50% è a favore, mentre perplessità sulla privacy e cittadini senza smartphone sono alla base del 50% di no, il 12% di indecisi potrebbe fare la differenza.
Un sondaggio condotto dalla Ipsos, multinazionale di ricerche di mercato, rileva che finora a dirsi disponibile a utilizzare l’app Immuni sarebbe un italiano su due. Di questo 50%, il 19% scaricherà l’app sicuramente, il 31% probabilmente lo farà. A essere contrario all’idea di installare il software, approvato dal Garante della privacy e che assicura l’anonimato, è invece il 27%. Nel fronte del no vincono i sicuramente (15%) rispetto ai probabilmente (12%). Quasi un cittadino su quattro (23% del fronte del no) non risponde o non utilizza uno smartphone.
Quali le perplessità sull’app Immuni
“Ci sono perplessità diffuse” spiega Luca Comodo, direttore del dipartimento politico-sociale di Ipsos. “Una parte della popolazione ha un atteggiamento di scetticismo e di attesa, vuole avere più chiari i termini di ingaggio. Si registrano perplessità importanti sulla privacy, su come saranno utilizzati i dati“. Tra i più propensi a scaricare la app si trovano soprattutto elettori di centrosinistra. Imprenditori, liberi professionisti e dirigenti. Sull’altro fronte soprattutto chi vive in piccoli comuni (fino a 10 mila abitanti). Operai e dipendenti con contratti a tempo determinato.
Tra i dettagli finora noti sul funzionamento dell’app, in ogni caso, c’è sicuramente quello della “diffusione minima”. Se l’app Immuni non viene utilizzata da almeno il 60% dei cittadini il tracciamento elettronico non darà i suoi frutti. Non sarà obbligatorio scaricare Immuni, quindi il governo è al lavoro per studiare incentivi che permettano di superare le perplessità. A cominciare dalle garanzie sulla privacy. L’applicazione utilizza il Bluetooth per comunicare con gli smartphone con cui entra in contatto, senza ricorrere al Gps, al rilevamento della posizione; i dati sono trattati in forma anonima. Scelte che, evidentemente, non sono bastate a convincere tutti, pur in una popolazione abituata a cedere informazioni personali ai big della tecnologia, da Google a Facebook: “Questa però è una app governativa, statale – spiega Comodo – “C’è una sorta di giudizio a priori. Non è scontato che chi acconsenta al trattamento dei dati per finalità commerciali dica sì al trattamento dei dati a livello di governo. Possono scattare maggiori resistenze”.
Da settimane alcune Regioni, come Lombardia (inviato SMS) e Lazio, hanno reso disponibili applicazioni anti-Covid, per monitorare lo stato di salute dei cittadini. Solo il 10% degli intervistati, nel sondaggio di Ipsos, ha scaricato e utilizzato una di queste app. Il 2% più di una. In compenso il 23% degli intervistati ha partecipato a una (11%) o pi di una (12%) indagine online promossa da centri di ricerca sanitaria sul Covid. Numeri lontani dal 60%.