Uber è stata hackerata, attaccata, colpita e affondata degli hacker hanno rubato i dati personali di 57 milioni di utenti e conducenti di Uber nel corso di un anno e la società lo ha tenuto nascosto lo ha ammesso solo ieri in un post sul suo blog.
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Ma non è tutto: il capo della sicurezza della compagnia ha coperto l’accaduto e ha pagato $100.000 agli hacker, in base a quanto riferito da Bloomberg.
La violazione dei dati includeva nomi, indirizzi e-mail e numeri di telefono di circa 50 milioni di utenti di Uber e le informazioni personali di 7 milioni di conducenti. E c’è un’ulteriore cattiva notizia: comprendeva anche 600.000 numeri di licenza. La buona notizia però c’è: nessun numero di previdenza sociale e nessun dettaglio sulle corse è stato rubato e non ci sono stati segni di frode, secondo Uber.
“Anche se non abbiamo notato prove di frodi o uso improprio dei dati legati all’accaduto, stiamo monitorando gli account interessati e li abbiamo segnalati per una maggiore protezione dalle frodi”, si legge nel post del blog.
In risposta, Uber ha licenziato il capo della sicurezza Joe Sullivan questa settimana, ha riferito Bloomberg. Era uno dei pochi dirigenti rimasti dell’era di Travis Kalanick. Diversi dirigenti sono stati espulsi di recente per una serie di problemi, tra cui accuse di molestie sessuali; altri, come l’ex presidente di Uber Jeff Jones, sono andati via da soli.
Per coprire la violazione dei dati, Uber ha pagato agli hacker $100.000 per cancellare i dati e stare tranquilli, secondo Bloomberg. I dettagli e il conseguente licenziamento del CSO sono stati resi pubblici solo a causa di un obbligo legale.
Ovviamente, il CEO di Uber, Dara Khosrowshahi, che non era in carica durante il periodo dell’accaduto, non è felice a riguardo.
“Nulla di ciò sarebbe dovuto accadere e non mi nasconderò dietro a delle scuse”, ha dichiarato Khosrowshahi in una dichiarazione inviata a Bloomberg. “Stiamo cambiando il modo in cui facciamo affari”.
È solo l’ultimo di un mare di scandali che Uber ha affrontato nell’ultimo anno. Khosrowshahi li ha ereditati dopo aver assunto il ruolo di CEO a settembre. Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sta indagando su almeno cinque casi criminali, tra cui l’utilizzo di software illecito, il furto di proprietà intellettuale e la corruzione, ha riferito Bloomberg il mese scorso.
La violazione dei dati è stata scoperta tramite un’indagine condotta da uno studio legale esterno al team di sicurezza di Uber. Il Consiglio di Uber aveva commissionato quell’indagine il mese scorso.
In risposta a questa rivelazione e del successivo insabbiamento, Khosrowshahi ha richiesto le dimissioni di Sullivan e licenziato anche l’avvocato senior Craig Clark, a quanto riferisce Bloomberg. L’ex chief legal officer di Uber, Salle Yoo, che aveva già annunciato le sue dimissioni, non era a conoscenza della questione.
Secondo Khosrowshahi, Uber ha preso provvedimenti per evitare che una violazione del genere possa succedere di nuovo, ma non è ancora sufficiente ad andare avanti, mentre lui e una nuova squadra cercano di cancellare lo sporco che macchia il brand Uber.
“Anche se non posso cancellare il passato, posso affermare a nome di ogni dipendente Uber che impareremo dai nostri errori”, ha scritto in un post sul blog.
Come parte dello sforzo di Khosrowshahi di mettere Uber su un percorso legalmente tranquillo, la società ha assunto come consulente Matt Olsen, ex consigliere generale presso la National Security Agency e direttore del National Counterterrorism Center.
Uber avvertirà tutti i conducenti i cui numeri di licenza sono stati scaricati, fornirà loro un monitoraggio gratuito del credito e li proteggerà contro furti, ha scritto Khosrowshahi sul blog.
Uber avvertirà tutti i conducenti i cui numeri di licenza sono stati scaricati, fornirà loro un monitoraggio gratuito del credito e li proteggerà contro furti, ha scritto Khosrowshahi sul blog.
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