Foto di Daniel Dino-Slofer da Pixabay
Cinque mesi di tempo per arrivare a un accordo vincolante. Questo il tempo che si dovrà attendere per capire se la Rete Unica diventerà realtà. Gli attori in gioco sono Tim e Open Fiber. Ma il protocollo di intesa coinvolge anche CDP Equity, KKR e Macquarie, con quest’ultimo che possiede il 40% di Open Fiber. Mentre CDP Equity, società interamente partecipata da Cassa Depositi e Prestiti, possiede il 9,9% di Tim e il 60% di Open Fiber. Tim, Cdp e Open Fiber si danno quindi come deadline fino al 31 ottobre per arrivare a un accordo vincolante sulla Rete Unica.
I consigli di amministrazione hanno sottoscritto un Memorandum of Understanding (MoU) con l’obiettivo di creare un unico operatore di telecomunicazioni, non verticalmente integrato. Sulla carta ogni opzione è valida ma l’ipotesi della cessione sembra essere la preferita da Tim. La rete di Tim, dalla dorsale fino all’ultimo miglio e con questa anche la parte internazionale con Sparkle, verrebbe venduta a Open Fiber, in cambio del trasferimento di una buona parte del debito o addirittura con un pagamento tutto cash, si parla di una valorizzazione di 18 miliardi di euro. L’operazione permetterebbe a Tim di concentrarsi sull’attività di servizi, le rimarrebbe tutto il business mobile, con le frequenze 5G e il Cloud.
“L’obiettivo del MoU – si legge nella nota emessa a seguito dei cda – è avviare un processo volto alla creazione di un solo operatore delle reti di telecomunicazioni, controllato da Cdpe e partecipato da Macquarie e Kkr, che consenta di accelerare la diffusione della fibra ottica e delle infrastrutture Vhcn (Very High Capacity Networks) sull’intero territorio nazionale, permettendo così l’accesso ai servizi più innovativi ed efficienti offerti dal mercato alla generalità della popolazione, agli enti pubblici e alle imprese, contribuendo in tal modo ad uno sviluppo più celere, duraturo e sostenibile del Paese”.
Sarà Cdp Equity dunque a fare da “regista” dell’operazione “nel rispetto dei vincoli regolatori inerenti le attività infrastrutturali, dei processi autorizzativi interni e degli interessi dei rispettivi azionisti, investitori e stakeholder, nonché in piena, trasparente e preventiva consultazione con tutte le competenti autorità nazionali ed europee. Per l’integrazione vera e propria ci vorrà però del tempo anche in considerazione della differente natura tecnologica degli asset e bisognerà anche capire quali asset conferirà realmente Tim.
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