Da Ruzzle a Candy Crush, da Second Life a Bitstrips, le mode si sviluppano, dilagano e passano anche nell’ambiente virtuale. Alcuni fenomeni restano, tanti sono meteore di cui non ci ricordiamo già più
di Elena Moriondo
Come la moda nell’abbigliamento, per cui in una stagione ci si veste di blu e in quella successiva di verde, anche le mode digitali si diffondono e si dimenticano altrettanto facilmente.
C’era una volta un rompicapo
Circa un anno fa non si faceva altro che giocare a Ruzzle, il gioco su dispositivo mobile creato da Mag interactive nel quale il giocatore deve comporre il maggior numero di parole possibile con un dato insieme di lettere. In ogni angolo di strada, su ogni sedile dei mezzi di trasporto e in ogni casa erano in atto agguerrite sfide all’ultima lettera per proclamarsi campioni di Ruzzle; l’applicazione ha raggiunto quasi 10 milioni di utenti. Ora, per la maggior parte delle persone, il rompicapo giace dimenticato in qualche remota schermata dello smartphone.
Caramelle in rete
Le statistiche parlano di oltre 500 miliardi di download nel mondo (e non mi sembra così strano dal momento che io l’ho scaricato su due diversi device), di cui 100 milioni su Facebook. Il segreto del gioco, ideato dall’italiano di nascita ma londinese d’adozione Riccardo Zacconi, sembra essere la forte dipendenza che crea, con i suoi ben 550 livelli.
La diffusione della moda
I giochi, anche quelli virtuali, si diffondono sulla base di meccanismi sociali, per cui l’interesse aumenta in modo direttamente proporzionale al numero di persone che sono coinvolte nell’attività ludica. Il gioco diventa così un argomento di discussione tra amici o un’occasione per ostentare la propria abilità. Queste dinamiche vengono accentuate se i social network le alimentano, ad esempio diventando un’arena in cui confrontarsi all’interno del cerchio delle proprie amicizie.
Il ricambio delle attività ludiche da social network è però piuttosto dinamico: chi si ricorda Pet Society, il gioco simil-tamagotchi in cui bisognava prendersi cura di un animaletto virtuale e della sua casa, sono ancora meno di quelli che si sono messi nei panni del fattore di Farmville, seminando e raccogliendo fragole e carote.
La meteora Second Life
Uscendo dal mondo squisitamente “game”, questo tipo di dinamiche si estende a tutte le attività di intrattenimento online. Si pensi ad esempio alla meteora di Second Life, il mondo virtuale che sembrava essere la rivoluzione all’inizio degli anni 2000. Per dare prova del senso della propria esistenza era irrinunciabile crearsi un avatar in questa realtà parallela, tanto che – tanto per fare un esempio – Irene Grandi vi girò il video della sua hit “Bruci la città”. (https://youtu.be/1LHcmruxLAk)
Ora la piattaforma della californiana Linden Lab è ancora attiva, ma chi ne sente più parlare?
L’attenzione per la vita sociale on line da qualche anno è totalmente catalizzata da Facebook, il social network per eccellenza che conta più di un miliardo di utenti al mondo (sui 2,4 totali, stima di Royal Pingdom, 2013) e circa 24 milioni di utenti registrati in Italia (quasi la totalità dei 27,5 milioni di utenti attivi stimati da Audiweb).
Bitstrips: l’ultima tendenza
La società di Toronto, fondata già nel 2007, ha recentemente lanciato le applicazioni Facebook e mobile, mossa strategica che ha permesso di attivare molto rapidamente circa 30 milioni di utenti nel mondo basandosi sull’idea di rendere la comunicazione online più espressiva e aggiungervi parte della ricchezza della comunicazione offline. In poche parole, l’utente crea il suo avatar a sua immagine e somiglianza, cerca una scenetta tra quelle proposte, riempie i fumetti e condivide la vignetta come preferisce.
Un passatempo molto divertente, almeno fino a quando sarà di moda.
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