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La personalità di una startup inizia dai testi

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Il successo di una startup non sta solo nell’idea, ma anche nel modo con cui questa viene presentata. Lavorare su un buon copy diventa quindi una priorità.

 di Valentina Falcinelli*

Sono 114 mila le nuove startup nate nel primo trimeste del 2015 (fonte: Claai). Centoquattordici mila. Cento. Quattordici. Mila.
Quanti di questi nuovi brand si sono rivolti a un’agenzia di comunicazione per realizzare il proprio sito web, secondo te? Secondo me quasi tutti. Bada bene, però: non ho numeri alla mano per affermarlo con certezza. Sto facendo un calcolo spannometrico, “a naso”. E quanti di questi nuovi brand si sono rivolti a un’agenzia di comunicazione per richiedere lo studio del naming, del proprio tono di voce, la realizzazione del manuale delle brand guidelines e la scrittura dei testi aziendali? Uhm, in pochi mi sa.
Solito calcolo spannometrico, il mio.

Nonostante i giovani imprenditori di oggi siano nati in modalità wireless, e conoscano alla perfezione le dinamiche del web, sono ancora forse troppo concentrati sulla tecnologia e poco sul valore.
Stavolta sto solo mettendo nero su bianco un mio pensiero, puntuale e non spannometrico. Dico così perché navigo siti responsive. Siti mobile first. Ma raramente mi capita di leggere testi che mi facciano dire: “Accidenti, si vede che qui c’è lo zampino di un copywriter”.
Perché anche gli startupper, forse, ripetono tra sé e sé il vecchio adagio: “I testi posso scrivermeli da solo. Non ho bisogno di un copywriter; ho solo bisogno di un programmatore. Sui testi posso risparmiare”. Sì amici, sì: questo è un articolo provocatorio. Vorrei far capire agli imprenditori, di domani e pure di ieri, che la personalità della loro azienda risiede nel carattere innovativo del servizio, ma è il modo con cui questa innovatività viene – o non viene comunicata ­– a fare la differenza.
Apple Computer, per esempio, dal primo annuncio stampa del 1976 ha puntato tutto sulla comunicazione. E nel 1976, Apple era quello che oggi chiamiamo, per l’appunto, “startup”. Aveva un prodotto innovativo. Vero. Ma doveva farlo conoscere alle persone. A quante più persone possibile. Lo stesso Steve Jobs, negli anni, è diventato un guru della comunicazione. E il suo stile, asciutto e dritto-al-dunque, si è sempre ritrovato nei vari copy. Nel 2011, quando è stata lanciata la seconda generazione di iPad, nel sito Apple si leggeva: “It makes surfing the web, checking email, watching movies, and reading books so natural, you might forget there’s incredible technology under your fingers”. Un testo così descrittivo, e al contempo suggestivo, non è in grado di scriverlo chiunque. Un copywriter professionista sì.

 

Perché dopo l’elevator pitch le parole diventano orpello? Perché non sono più protagoniste assieme alla tecnologia? Perché esistono figli e figliastri? Domande che si perdono nel vuoto, assieme ad altre mille domande. Io, però, a una domanda voglio dare non una risposta, ma almeno 6. Altre 4 possibili risposte le voglio lasciare a te, se ti andrà di twittarmele, scrivermele su una cartolina, telefonarmele, pinnarmele…

 

La domanda è: “Perché una startup dovrebbe investire nel copywriting?”. Ecco le risposte:

  1. Perché è dopo l’elevator pitch che il gioco si fa duro.
  2. Perché potrete avere anche un sito di ultima generazione, ma la tecnologia e la grafica senza testi restano fini a se stesse.
  3. Perché i testi, assieme al visual, sono l’unico mezzo a disposizione per costruire una brand identity solida e riconoscibile.
  4. Perché il copywriting, quello fatto bene, aiuta ad aumentare le conversioni.
  5. Perché i testi permeano la comunicazione, offline e online. Blog, social, banner, annunci stampa, affissioni, spot radiofonici: i testi sono ovunque.
  6. Perché il motivo per cui, nel 2014, McDonald’s si è potuta promuovere con la campagna super minimal (http://bit.ly/MinimalMc), senza copy, realizzata dall’agenzia creativa di Parigi TWBA, è uno. Ha lavorato molto bene sul brand, copy compreso, da subito.

 

Se avete una startup, nel business plan mettete a budget la voce “scrittura testi”. Non fate i pecoroni; siate delle mucche viola.

 

RISORSE

La comunicazione di Apple, dal 1976

Se sei un estimatore come me della comunicazione di Apple Computer, t’interesserà forse fare un tuffo indietro nel tempo e dare una sbirciatina ai primi, primissimi annunci di questo brand. Così fosse, vai qui e rifatti gli occhi: bit.ly/AppleADV

 

Le parole fanno aumentare le vendite

Non sono io a dirlo, che le parole fanno aumentare vendite. Lo dimostra, per esempio, l’esperimento Significant Objects. Vai al sito significantobjects.com e guarda tu stesso: un oggetto dall’esiguo valore commerciale è stato rivenduto a 3, 4, 5 volte di più rispetto al suo prezzo originale. E questo solo con un testo di accompagnamento ben scritto (“It’s storytelling, baby!”).

 

Brand guidelines e naming

Nell’articolo ho menzionato, en passant, due termini: naming e brand guidelines. Nel blog Pennamontata puoi scaricare, gratuitamente, un documento operativo per l’ideazione (e la presentazione) di nomi aziendali e il pdf di un indice che ti può aiutare a capire come strutturare il tuo manuale sulle brand guidelines.

Naming: http://bit.ly/namingPnmt

Brand guidelines: http://bit.ly/BrandGPnmt

 

Diventa una mucca viola
Seth Godin, guru americano del marketing, ha scritto “La mucca viola – Farsi notare (e fare fortuna) in un mondo tutto marrone”. Se non vuoi sprofondare nel marasma di nascenti startup, ti consiglio di leggere questo testo. È un classico, ispirazionale, motivazionale.

 

*CEO e copywriter dell’agenzia più magenta del web, Pennamontata, so scrivere senza guardare la tastiera, ma non so guardare la tastiera senza scrivere. Il copywriting per me è il pane e la creatività il companatico. Ogni tanto, però, mi nutro anche di pizza.


La personalità di una startup inizia dai testi - Ultima modifica: 2015-10-26T07:40:59+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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