Fiducia: ciò che manca all’ advertising digitale

Conferenza ad:tech, New York. All’interno del Metropolitan Pavillion si parla quasi esclusivamente di fiducia, o meglio, della sua mancanza di fiducia nel mondo dell’ advertising digitale .

*di Clara Ramazzotti, corrispondente da New York

I professionisti dell’advertising digitale hanno incontrato i loro partner in occasione della conferenza ad:tech per discutere del futuro dell’industry e soprattutto del suo impatto negli Stati Uniti, in Europa e in Asia, dove la necessità di ricostruire la propria attendibilità dopo un lungo terremoto di fake news, frodi e attacchi hacker si fa più urgente che mai.

Eliminare le truffe dallo spazio online

L’assenza all’evento di colossi come Facebook o Amazon fa pensare che si stiano facendo i conti senza l’oste: si può davvero discutere di protezione senza coinvolgerli? “Eliminare le truffe e la criminalità dall’ecosistema digitale è responsabilità di tutte le aziende, non solo di alcune”, mi racconta Randall Rothenberg, President and Chief Executive Officer di Iab, spiegandomi ciò che lui stesso ha definito, di fronte alla Sub-commission on Information Technology americana, un urgente bisogno di “repair the trust”.

Tirare in ballo i big della Silicon Valley “scaricando” automaticamente ogni incomodo non permetterà al business digitale di fare molta strada. “Io mi rivolgo a chiunque lavori nell’industry poiché devono ancora realizzare concretamente quanto la loro responsabilità civica coincida con i propri obiettivi di business”.

Dunque è meglio parlare di “miglioramenti” anziché di soluzioni: “Negli ultimi 25 anni, dopo la creazione del MOSe enhancement, l’impennata creativa del digital advertsing è stata meravigliosa. In molti hanno guadagnato milioni creando le loro compagnie, ma ora è il momento di mettere in pausa questa furiosa caccia al denaro e prendere coscienza dell’impatto sociale che possiamo avere”. Cosa non facile, a dire il vero: “Non si possono proteggere tutti dalle frodi o dalla paura di aver concesso troppi dati personali, ma puntiamo a una maggiore self-regulation” prova a rispondere Scott Spencer, Director Product Management Google. I prossimi 12/24 mesi fanno pensare che sarà la trasparenza a dirigere nuovi lanci di prodotto, commissioni e processi interni alle aziende. Da due anni si parla di fiducia nei new media, ma a quanto pare non c’è ancora una risposta e mancano esempi concreti.

Il rapporto con le newsletter

È stato utile un incontro con il più noto servizio di newsletter al mondo per capire quali passi si stiano facendo. “Siamo entrati in partnership con Facebook, Instagram e Google proprio perché serve semplificare il sistema con cui si fa advertising” spiega Allyson Van Houten, Senior Marketing Manager di MailChimp US. “Sono certa che anche in Italia si stia riconoscendo il rapporto diretto tra vendita e newsletter, una relazione preziosa che funziona solo se si sa parlare con l’audience: stiamo notando che le aziende non sempre comprendono i meccanismi dell’advertising digitale. Il nostro nuovo obiettivo è rendere più facile il loro utilizzo e arrivare diretti sull’audience che accetta di ricevere l’email”.

In che direzione andrà il marketing digitale

Un tentativo comprensibile visto che, come sottolinea Rebecca Kaykas-Wolff, VP e Product Marketing per il gruppo Ipg Mediabrands, “le piattaforme tech sono costose e le aziende probabilmente stanno investendo più in software development che in altro”. E questo può creare problemi di business? “I risultati possono essere importanti, ma potrebbero nascere rischi e capitali investiti senza successo”.

Ecco perché Ipg vuole combinare l’approccio in-house e outsourcing non lavorando esclusivamente nel proprio orticello, ma stringendo relazioni con nuovi partner che possano aiutare a capire che direzione prenderà il marketing. “Anche il nostro business si sta evolvendo, stiamo cambiando come agenzia e costruiamo direttamente prodotti e tecnologie pronte per i nostri partner: noi guidiamo i bisogni legati all’attività economica mentre i partner ci aiutano nell’esecuzione effettiva” e, rivelano, il 76% delle aziende americane oggi ha un team di sviluppo interno mentre il 54% di chi si affida a terzi non si considera soddisfatto.

Un dato importante che fa riflettere su quanto pretendono le aziende oggi in termini di sviluppo e quanto possono offrire le agenzie. La risposta, secondo Kaykas-Wolff, sta in una “pragmatica co-creazione”, mettendo al lavoro sia le risorse interne che quelle esterne.
Insomma, non è ancora chiaro né quali mezzi saranno utilizzati né quali risultati otterrà l’advertising nel prossimo biennio, ma ciò che portiamo a casa è un chiaro obiettivo comune: meno smanie di potere e più controllo della qualità.


Fiducia: ciò che manca all’ advertising digitale - Ultima modifica: 2018-01-02T10:00:31+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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