Un tempo il mondo hi-tech era dominato da uomini bianchi. Da qualche anno a questa parte i big della tecnologia si stanno impegnando per aumentare la diversity in azienda.Ogni anno Facebook, Apple, Twitter, Google, Amazon, Netflix e, recentemente, anche Uber, pubblicano i loro diversity report. I numeri raccontano di un miglioramento, anche se la parità è ancora lontana.
Da Google, ad esempio, il 69% della forza lavoro è maschile e il 56% dei dipendenti è di pelle bianca. Anche le posizioni di leadership sono per lo più degli uomini: solo il 25% delle poltrone manageriali sono occupate dalle donne, solo il 20% dei ruoli tecnici di ingegneria e programmazione è in rosa. Le posizioni femminili sono aumentate di un solo punto percentuale rispetto all’anno precedente. Nello stesso tempo, gli ispanici sono passati dal 3 al 4%, i neri sono il 5% ma rappresentano solo l’1% dei lavori tecnici e qualificati.
L’azienda di Mountain View ha anche assunto recentemente Danielle Brown – precedentemente a capo delle risorse umane, diversity e inclusion officer a Intel – nel ruolo di Vice President of Diversity.
Una nomina simile è appena arrivata anche in Twitter, che ha scelto Candi Castleberry-Singleton nel ruolo di VP of Inclusion and Diversity. Nell’ultimo report relativo ai dati 2016, il social dei cinguettii ha dichiarato che il 37% della sua forza lavoro è composta da donne (l’anno prima era il 34%). Buona la crescita delle quote rosa nei ruoli di leadership (il 30% nel 2016, contro il 22% del 2015) mentre rimane bassa la percentuale delle donne impiegate nelle posizioni tecniche (15%). I dipendenti di razza bianca sono il 57%, seguiti dagli asiatici (32%). La percentuale dei bianchi sale al 74% nei ruoli di leadership.
In Silicon Valley nel frattempo fervono le iniziative per migliorare questi dati. Ad esempio, quest’anno è nato “Howard West” in partnership con l’Università Howard (un college tradizionalmente frequentato da neri), un programma estivo di formazione rivolto agli studenti di informatica al quale aderiscono sia Google che Twitter.
Da citare anche l’iniziativa “Google in Residence”, attraverso la quale gli studenti di ingegneria delle scuole frequentate per lo più da persone di colore possono fare esperienza da Google.
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