Si torna a parlare di Digital Tax. La proposta di legge che mira, nell’era dell’economia digitale, alla regolamentazione della tassazione per le multinazionali che operano nella Rete, con l’obiettivo di assicurare equità fiscale e concorrenza leale. Una tassa indirizzata verso giganti come Amazon, Google e Facebook.
Il presidente del Consiglio Mario Draghi si è detto fiducioso per una soluzione internazionale sulla Digital Tax entro metà del 2021, magari in collaborazione con gli USA. Nel suo discorso al Senato, infatti, Draghi ha dichiarato che “il Consiglio europeo debba procedere verso una soluzione globale e consensuale sulla tassazione digitale internazionale entro metà 2021 nell’ambito dell’Ocse, e credo sia un apporto possibile grazie alla collaborazione con la nuova Amministrazione statunitense”.
Il presidente del Consiglio, in vista del Consiglio Europeo del 25 e 26 marzo, ha poi voluto sottolineare “l’enorme opportunità offerta all’Italia dal programma Next Generation EU, con il 20% dei fondi che riguarda proprio la trasformazione digitale. Ma lo sviluppo di questi settori non può prescindere dall’equa distribuzione dei proventi”. Insomma, il governo Draghi conferma di puntare molto sulla tecnologia e vuole renderla fondamentale in ogni settore grazie a provvedimenti ad hoc per il progresso digitale dell’Italia.
Ieri, intanto, gli eurodeputati della Commissione affari economici e monetari hanno votato una risoluzione che chiede di aggiornare con urgenza la normativa fiscale internazionale, e quindi di definire una aliquota minima per la corporate tax. Il progetto di tassazione dei servizi digitali, che dovrebbe di fatto assicurare che le Big tech creino valore nei Paesi in cui generano i loro guadagni, subisce quindi un’ulteriore accelerata, anche per mettere pressione agli Stati Uniti per il ritiro della proposta di “safe harbor” e l’apertura a trattative globali.
La Digital Tax consiste in un’aliquota del 3% sull’ammontare dei ricavi tassabili conseguiti nel corso dell’anno solare. Si tratta di una modifica rispetto all’ultima Legge di Bilancio del Governo Gentiloni, che prevedeva una imposta sulle transazioni finanziarie che fissava un’aliquota al 6%, mai entrata in vigore per la mancanza di decreti attuativi. Vengono considerati soggetti passivi dell’imposta coloro che, singolarmente o a livello di gruppo, nell’anno solare precedente realizzano:
L’imposta viene applicata sui ricavi realizzati nell’anno solare, e non su quelli compiuti trimestralmente. Si prevede un versamento dell’imposta entro il 16 febbraio dell’anno solare successivo a quello di riferimento, e una dichiarazione annuale presentata dalle imprese interessate sull’ammontare dei servizi tassabili forniti entro il 31 marzo dello stesso anno. Per le società che appartengono allo stesso gruppo è nominata una singola società che ne fa parte, per fare fronte agli obblighi derivanti dalle disposizioni relative all’imposta sui servizi digitali.
Foto di Gerd Altmann da Pixabay
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