Girolamo Marazzi, CEO di BlueIT e Roberta Bavaro, Ecosystem Director di IBM
Un luogo per coltivare l’Innovazione: in un’antica cascina del 700, circondata da campi e silenzi, qui nasce l’Innovation Hub di BlueIT e 200 persone si sono ritrovate con la voglia di parlare davvero di AI, cloud, economia dei dati, con la voglia di ascoltare nell’evento che ha lanciato l’iniziativa.
BlueIT ha scelto un luogo fuori dal tempo per riflettere sul futuro. Proprio in questa distanza dalla frenesia di tutti i giorni, ha creato un evento in cui l’innovazione ha preso forma, quella vera quella che nasce quando la tecnologia incontra la cultura, quando la persona torna al centro di tutto in un nuovo umanesimo digitale.
L’innovazione non ha bisogno di scenografie, ha bisogno di spazi per il pensiero. Di luoghi che sappiano custodire il valore più raro di tutti: il tempo per immaginare.
BlueIT ha creato l’Innovation HUB, un luogo dove si coltiva il futuro
L’evento ha riunito esperti del settore, rappresentanti di IBM, accademici e imprenditori in un dialogo articolato sulle opportunità e le sfide dell’AI nel contesto aziendale italiano, con particolare attenzione alle PMI.
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L’apertura dei lavori è stata affidata a Francesco Marino, fondatore di Digitalic, che ha messo in guardia contro i rischi di un’adozione acritica dell’intelligenza artificiale. “L’AI è come il canto delle sirene per Ulisse: affascinante, ma pericoloso,” ha esordito Marino, invitando i presenti a “legarsi al proprio albero maestro” per non lasciarsi trasportare dalla semplice fascinazione tecnologica, a trovare quello che davvero si vuole raggiungere, la motivazione reale che spinge ad utilizzare l’AI.
Con oltre 36.000 applicazioni di AI attualmente disponibili, può essere facile cadere nell’illusione che questa tecnologia possa migliorare ogni aspetto della vita e del lavoro. “Non tutto ciò che è possibile è anche utile,” ha ricordato, citando come esempio la tendenza a utilizzare l’AI per generare immagini in stile Studio Ghibli: “Bellissime, certo, ma ci rendono davvero più creativi? O peggiorano la creatività collettiva, standardizzandola?”. Un concetto rafforzato da recenti studi che dimostrano come i testi migliorati con l’AI risultino più avvincenti, ma anche più simili tra loro, rischiando di impoverire la diversità creativa. “L’AI migliora il singolo, ma può impoverire la comunità”. Bisogna valutare attentamente quale deve essere il proprio scopo nel grande viaggio dell’AI e scegliere la strada utile, anche frugale, per ottenere risultati concreti e alimentati dai dati che siano davvero rilevanti.
Girolamo Marazzi, CEO di BlueIT, ha sottolineato come l’AI non sia solo tecnologia, ma “infrastruttura su cui ripensare processi e modelli di business.” In qualità di società benefit, BlueIT pone etica, innovazione e sostenibilità al centro della propria strategia, con l’obiettivo di rendere l’intelligenza artificiale accessibile anche alle piccole imprese.
“L’etica, però, non deve essere una scusa per non innovare,” ha precisato Marazzi. “Si può fare innovazione in modo etico e sostenibile – e si deve farlo adesso” Un approccio umanista che riporta l’uomo al centro e che trova la sua collocazione ideale proprio in una cascina storica nella campagna cremasca, dove “i valori sono autentici.”
Roberta Bavaro, Ecosystem Director di IBM, ha illustrato l’importanza di passare dalla curiosità all’implementazione concreta dell’AI generativa. “Le aziende hanno bisogno di casi concreti, non solo di esperimenti,” ha affermato, sottolineando come i dati già presenti nelle aziende contengano insight preziosi da valorizzare attraverso un’AI accessibile, open, responsabile e sostenibile.
IBM ha investito significativamente in questa direzione con Red Hat, Linux e il cloud ibrido, rendendo tutto disponibile sia on-premise che as-a-service. Bavaro ha evidenziato il valore della partnership con realtà certificate come BlueIT, che garantiscono accesso a tool, risorse e supporto tecnico e commerciale.
Particolarmente incisivo l’intervento di Luca Altieri, VP Marketing and Communication IBM Technology per Europa, Medio Oriente e Africa, che ha condiviso “cinque verità scomode” sull’adozione dell’intelligenza artificiale:
Altieri ha inoltre evidenziato l’importanza di una piattaforma di governance affidabile, come WatsonX Governance, che consente trasparenza sugli algoritmi, protezione dei dati e gestione dei rischi e della compliance, particolarmente rilevante alla luce dell’AI Act europeo, che prevede sanzioni fino a 30 milioni di euro o il 7% del fatturato.
Paola Pisano, professoressa all’Università di Torino ed ex Ministro per l’Innovazione, ha offerto una prospettiva geopolitica sull’intelligenza artificiale, analizzando la “guerra fredda tecnologica” tra Stati Uniti e Cina. Citando uno studio di IBM, ha rivelato che il 50% delle aziende cinesi utilizza l’AI, contro il 30% delle omologhe americane, con il 18% dei cinesi molto favorevoli all’adozione dell’intelligenza artificiale, rispetto al 13% degli americani.
Nonostante l’imponente forza economica americana, con investimenti previsti per 300 miliardi di dollari solo quest’anno da parte di Microsoft, Meta, Amazon e Alphabet (contro un sesto di questa cifra da parte dei colossi cinesi), Pisano ha evidenziato come “la finanza non sia tutto”, portando l’esempio di DeepSync, sviluppato in Cina a un decimo del costo americano, con un modello di business che ha aggirato il blocco statunitense sui microchip di ultima generazione.
Paola Pisano ha illustrato tre studi fondamentali per comprendere come utilizzare al meglio l’AI nei team aziendali:
Paola Pisano ha anche evidenziato l’emergere degli “agenti”: sistemi semi-autonomi capaci di portare a termine obiettivi specifici. Ha citato esempi come il tool AAC, in grado di prenotare autonomamente un Airbnb, e Lindy, un’applicazione che crea più agenti specializzati in diverse sfumature di un task, testando i risultati con utenti sintetici e presentando all’utente umano le migliori opzioni.
Nonostante questi progressi, Paola Pisano ha notato che all’AI manca ancora la capacità di “mettere in discussione i dati” – un passo che Galileo fece e che rappresenta la prossima frontiera: un’intelligenza artificiale che sfida i propri dati e genera vera innovazione.
Leonardo Marazzi ha illustrato il percorso dell’AI Accelerator di BlueIT, nato per accelerare l’adozione dell’intelligenza artificiale nelle aziende, semplificando e velocizzando l’innovazione. … “Vorrei raccontarvi quello che è il percorso che facciamo all’interno dell’AI Accelerator – ha detto Leonardo Marazzi – il titolo è ‘Un percorso di successo’, ma la verità è che il successo non è nostro: è delle aziende che hanno intrapreso e concluso questo cammino, e che oggi utilizzano l’intelligenza artificiale nei loro processi”.
L’obiettivo del laboratorio è uno: accelerare l’adozione dell’intelligenza artificiale nelle aziende. “Il nostro compito è semplificare, arrivare al risultato nel minor tempo possibile, con un impatto reale”, ha aggiunto Marazzi.
Le questioni poste dalle aziende sono tre:
La prima – quanto costa – è una domanda che spesso viene messa alla fine, ma in realtà è centrale. La risposta è: non è solo per le grandi aziende.
La seconda: “è utile?” – ci porta a una riflessione: l’AI è una tecnologia orizzontale, può essere applicata ovunque, ma proprio per questo a volte è difficile capire da dove iniziare. È come trovarsi su Netflix con 50.000 titoli e nessuna idea di cosa guardare.
La terza – “come si fa’” – è legata alla carenza di competenze. Tante aziende non sanno da dove cominciare, temono che adottare l’AI significhi perdere il controllo sui propri dati o esternalizzare know-how.
Ma come si risponde a queste domande?
“La risposta di BlueIT – ha sottolineato Leonardo Marazzi – è l’Innovation Hub, un laboratorio, costruito su quattro pilastri
L’obiettivo è: usare l’AI il prima possibile, evitando tempi e costi infiniti. La fase di injection è la più delicata, ma anche la più gratificante, si volge in 3 mesi e prevede analisi, sviluppo, test. In due mesi le aziende hanno una soluzione funzionante. Magari non bella graficamente, magari senza tutte le integrazioni, ma reale. Non un mockup, non una demo: qualcosa che funziona e genera valore.
“Siamo partiti con Computer Gross, con IBM, con le università e partner come per il processo. Poi la community è cresciuta. Oggi siamo in grado di portare competenze trasversali a supporto dell’impresa – ha spiegato Marazzi – . Dal 1° ottobre, 60 aziende sono passate nel laboratorio. Il 70% ha avviato un progetto. E di queste, il 90% ha portato la soluzione in produzione. Una media altissima, considerando che i proof of value spesso non superano il 30%.”
Federico Betuzzi, Sales Operations di Oiki, centro di servizio per l’acciaio inossidabile con 60 anni di storia, ha raccontato come l’intelligenza artificiale abbia ottimizzato il processo commerciale, riducendo i tempi di risposta ai clienti. Il sistema AI sviluppato con BlueIT elabora le richieste incrociando dati su prezzi e giacenze, proponendo alternative quando il materiale richiesto non è disponibile. “Non è un sistema che sostituisce, ma potenzia le competenze interne,” ha sottolineato Bertuzzi.
Roberto Barbazza, amministratore delegato dell’omonima azienda orafa attiva da 48 anni, ha condiviso il progetto in corso per ottimizzare la gestione dei semilavorati in oro, prevedendo cosa ordinare in base alla produzione prevista. “Siamo sempre stati attenti all’innovazione, e oggi vogliamo diventare anche società benefit,” ha affermato Barbazza, evidenziando come il progetto con BlueIT rispetti il DNA artigiano dell’azienda pur guardando al futuro.
Francesco Sartini, CTO di BlueIT, ha concluso l’evento con una riflessione sull’approccio dell’Innovation Hub, paragonandolo a tre filosofi dell’Illuminismo:
– Voltaire: Rappresenta l’informatica tradizionale, il “si è sempre fatto così”, la base dell’eredità tecnologica.
– Hume: Lo scettico gioioso, aperto al nuovo, simbolo dell’innovazione e dell’entusiasmo che abbraccerebbe l’intelligenza artificiale.
– Kant: Metodico e critico, incarna il metodo dell’Innovation Hub basato su ascolto, comprensione, definizione degli obiettivi e sperimentazione.
Sartini ha annunciato poi il lancio di tre programmi: AI Accelerator Hybrid Cloud e Data Management, con l’imminente arrivo di Cyber Security e IT Operations Automation, invitando i presenti a visitare l’hub per costruire insieme soluzioni partendo dal business, non dalla tecnologia.
L’evento ha tracciato un quadro composito dell’intelligenza artificiale nel panorama aziendale italiano, evidenziando come la vera sfida non sia tanto l’adozione della tecnologia in sé, quanto la capacità di integrarla in una visione strategica chiara, mantenendo al centro l’elemento umano e la sostenibilità.
Come ha sintetizzato Luca Altieri citando Socrate: “Mettiamo meno energia nel combattere ciò che è vecchio e più energia nel costruire ciò che verrà.” Un invito alla sperimentazione consapevole che, nell’atmosfera suggestiva di una cascina settecentesca battuta dalla pioggia, assume il sapore di una rivoluzione gentile ma determinata, capace di coniugare tradizione e innovazione, tecnologia e umanità, in un percorso di crescita condivisa.
Per scoprire l’Innovation HUB di BlueIT e la tecnologia IBM watsonx
Visita www.blueit.it
Digitalic per BlueIT
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