Le tecniche di Marketing Black Hat da conoscere per proteggersi

Uno dei tormentoni estivi 2018 è stato il pezzo di Fabio Rovazzi Faccio quello che voglio, il quale ha un passaggio davvero interessante:

..attirati dal Male, l’onestà non ha budget…

Questo è quello che mi verrà in mente d’ora in poi, quando qualcuno preferirà spendere somme anche ingenti nelle attività di Marketing Black Hat ancora più precisamente Negative, ovvero quelle atte a disturbare e finanche rovinare la concorrenza, invece di investire sul proprio progetto digitale.

Credo che sia inutile nascondersi dietro un dito o pensare che il fenomeno sia marginale: nella mia decennale esperienza, lavorando poi fra Italia ed Est Europa, ne ho viste di ogni (alcune anche davvero creative) e penso che dare un nome alle tecniche Black Hat più ricorrenti sia un primo passo per difendersi. Conoscere per prevenire, sempre.

Le tecniche Negative più diffuse

Piccolo disclaimer: non provarle a casa (come asseriva una vecchia pubblicità sul wrestling) se non per fini esclusivamente sperimentali.

Negative SEO

In ambito SEO le tecniche Negative hanno fatto scuola, nascendo come risposta al primo lancio (2012) del filtro denominato Penguin, il quale colpisce i siti con un profilo di scarso valore. Essendo così, il pensiero laterale – se non deviato – porta a pensare di effettuare una campagna di Link Building volutamente spamming nei confronti del sito di un concorrente.

I link di spam, non avendo una paternità riconducibile, si configurano come una sorta di delitto perfetto. Il contrappasso comunque esiste: finché Google non valuta quei link di basso profilo, paradossalmente potrebbe dare un minimo di spinta al concorrente.
Una versione ancora più perniciosa e pesante di questo tipo di attacco è caratterizzata da quelli che chiamo Zombie Network.
In ottica SEO esiste la pratica di curare dei portali editoriali, utilizzati al puro scopo di spingere un sito con dei link di qualità. Gli zombie sono l’opposto: si recuperano dei domini scaduti, che magari in passato sono stati bucati, e come un necromante si fanno risorgere per re-indirizzarli su siti bersaglio.
In questo modo, il sito colpito non riceve solo pochi link di spam, ma tutto il pattern tossico del dominio “riportato alla vita”.
In risposta a queste tecniche, Google ha messo a disposizione un unico strumento denominato Rifiuta Link, collegato alla propria Search Console.

Un’ultima pratica Negative sfocia nel penale ed è estremamente dispendiosa: si tratta di un attacco Denial of Service (DoS) capace di rendere il sito irraggiungibile per un arco di tempo tale (da test posso dire intorno alle 72 ore) che lo spider di Google, registrandone lo status di offline, lo rimuova dalle pagine dei risultati di ricerca.
Un attacco di questo tipo è davvero oneroso da sostenere e se il sito colpito ha una buona autorevolezza, di solito tende a ritornare al suo posto nelle SERP al termine del DoS.

Negative Social

Non mancano le tecniche Black Hat in ambito Social, sebbene siano leggermente più recenti di quelle SEO, sono allo stesso modo odiose da dover affrontare.

Sicuramente chi ha un’attività ricettiva o un ristorante ha avuto a che fare da anni con le recensioni fasulle che rovinano la reputazione media della struttura. Contro questa tipologia di attacchi, i vari portali come TripAdvisor, ma anche gli stessi Google (sulle mappe) e Facebook hanno avviato un giro di controllo automatici che, purtuttavia, non sempre funzionano a dovere.
In taluni casi, è possibile nascondere manualmente le recensioni sgradite o richiederne la rimozione.

Un’altra pratica Negativa sui Social è quella dell’acquisto massivo di fan fasulli su siti come SEOclerks o SMOnutz, seguita dalla segnalazione della pagina colpita alle stesse piattaforme Social, in modo tale da far valutare la pagina fan o il profilo come fasullo o di spam.
In questo caso, più l’autorevolezza è riconosciuta, meno l’attacco è efficace. Ma si rischia di incappare nell’ultima delle tecniche di Marketing Black Hat fin qui mostrate, la numero 6 – quasi a riprendere pratiche diaboliche.

Sto parlando dell’utilizzo di Troll o Haters “organizzati” atti a stressare il Customer service di una pagina o di un profilo social. Per dispendiosità è un po’ il gemello dell’attacco DoS in ambito SEO, e si tratta di una pratica piuttosto diffusa dove sono forti le religion war, ovvero gli scontri fra gli utenti divisi in due o più schieramenti molto polarizzati (come nella politica).


Le tecniche di Marketing Black Hat da conoscere per proteggersi - Ultima modifica: 2018-09-03T14:15:38+00:00 da Benedetto Motisi

Attivo in Italia ed Est Europa, ha lavorato nelle redazioni di Radio Radicale e di Gruppo HTML (oggi Triboo Media). Docente nei Master di Web Communication e Visual & Marketing Design in REA Academy. Ha pubblicato “Interceptor Marketing” con Flaccovio Editore e contribuito a “Le nuove professioni digitali” per Hoepli.

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