Digital Transformation: uno studio pubblicato da Intralinks e la Cloud Security Alliance rivela che
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La trasformazione digitale spesso implica un “aggiornamento tecnico”, che può significare cose diverse per diverse organizzazioni. Per una società, la necessità può essere quella di soppiantare un data center con le nuove tecnologie o magari investire in infrastrutture limitate. Trasferirsi in una nuova infrastruttura non è così facile e immediato quanto investire nel consolidamento, ossia sostituire i server e gli switch con l’infrastruttura convergente. Per un’altra società, un “aggiornamento tecnico” può comportare un modello software scalabile che va a rimpiazzare il vecchio modello di infrastruttura.
In materia di ECM il report ha scoperto che molti tipi di business sono ancora in una fase arretrata in quanto ad adozione della digital transformation. Tra i 440 professionisti che si occupano di IT e sicurezza, l’80% ha ammesso che la propria società stia ancora utilizzando le cartelle tradizionali per organizzare e condividere i contenuti.
Tradizionalmente, i sistemi per l’archiviazione e la gestione dei dati sono sempre stati organizzati in silos, lasciando che le società li gestissero su più sistemi e in luoghi diversi. Ciò si traduce con la necessità di dover gestire infrastrutture ulteriori e costi superflui. L’aumento dell’adozione del cloud computing ha reso questo problema più evidente, ma il cloud computing offre anche altre soluzioni possibili. Tuttavia, il 57 % degli intervistati pensa ancora che gli strumenti destinati ai contenuti come gli ECM, il cloud storage e SharePoint siano difficili da collegare tra loro.
Mettere in atto una strategia in grado di costruire le giuste capacità e misurando la preparazione di queste tecnologie condurrà ad una digital transformation di successo. Nell’insieme il 75% delle aziende ha confermato di aver investito in azioni e iniziative che puntano verso la trasformazione digitale, confermate dal 42% dei CIO (Chief Information Officer) che hanno preso parte al sondaggio.
Sebbene siano in molti a guardare ai CIO e ad affidarsi alla loro guida per portare avanti il cambiamento, la ricerca evidenzia che questo ruolo non gode della visibilità adeguata in materia di dati tanto ampi e approfonditi. Molti sistemi di condivisione delle informazioni non comunicano in modo efficace e quindi c’è uno stallo dei dati vitali che rimangono accatastati eppure non sfruttati a dovere.
Le preoccupazioni principali ruotano attorno alla General Data Protection Regulation (GDPR) dell’Unione Europea che – a partire dal 2018 – che renderà ancora più severe le attuali norme vigenti nell’UE. Ciò comporterà un impatto non soltanto sulla protezione dei dati e sulla privacy, ma aggiungerà nuovi requisiti indispensabili dei quali disporre a partire dal 2018. Le conseguenze avranno effetto non soltanto sulle società europee, ma su qualsiasi società che gestisca i dati personali dei cittadini europei e circa il 54% degli intervistati ha ammesso di trovarsi impreparato ad affrontare i cambiamenti imminenti.
Le aziende di tutti i settori si scambiano contenuti con clienti, dipendenti, partner e autorità di regolamentazione, come mai prima d’ora. Con l’82% delle aziende con restrizioni sui dati regolamentati presenti nel cloud, comporterà che la migrazione dei dati al cloud implichi difficoltà non indifferenti in materia di privacy dei dati.
ha commentato: “La nostra ricerca, elaborata in collaborazione con il CSA, ha puntato i riflettori sulle barriere che le aziende devono continuare ad affrontare – in particolare – se da un lato vorrebbero raggiungere dei livelli alti di collaborazione, dall’altro devono affrontare un sistema normativo sempre più severo in materia di sicurezza”.
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