È il momento di ripensare i contenuti dei social media

La certezza di avere a che fare con qualcosa di effimero si traduce in un necessario ripensamento dei contenuti dei social media

di Emanuela Zaccone

Lo straordinario successo di Snapchat prima e delle storie di Instagram subito dopo, così come l’estendersi dei contenuti effimeri a Facebook e Whatsapp sono fattori indicativi di un’esigenza emergente sui social media: non ci basta condividere il momento, vogliamo che sia vissuto qui ed ora, che sia consumato per ciò che è, l’istantanea fugace di un evento, di un’esperienza, di un momento della giornata. Vale per gli utenti, ma anche per i brand.
Chiaramente entrano in gioco anche fattori come la caducità dei contenuti che è poi stata alla base del successo di Snapchat tra i più giovani: avere la certezza che quel messaggio – video o foto – sarà visibile solo per 24 ore abbatte una serie di barriere di resistenza che potrebbero influenzare la “spontaneità” dei contenuti.
Oggi Instagram Stories e Whatsapp Status hanno 300 milioni di utenti attivi giornalieri ciascuno, Snapchat ne conta 173 milioni.
Numeri troppo grandi e rilevanti per essere ignorati da chi si occupa di disegnare le strategie di presenza di un brand e pensare ai contenuti dei social media. Qui tutte le statistiche sui social network aggiornate al 2018.

Ripensare i contenuti dei social media

Se per anni abbiamo tutti avuto la sicurezza che un piano editoriale ben congegnato potesse essere la base della costruzione di un’identità digitale di brand, dall’altra parte adesso quella certezza non è crollata ma si è dovuta adattare all’emergere e al successo dei contenuti effimeri.
Che hanno caratteristiche ben precise:
1) Possono essere programmati solo a grandi linee: posso decidere che durante l’evento X racconterò live su Instagram i diversi momenti che lo caratterizzano, ma i contenuti in sé saranno prodotti al momento.

2) Hanno un linguaggio preciso: fatto di scritte, linee, emoji, maschere e quindi richiedono un necessario adattamento del linguaggio del brand senza dimenticare la coerenza con la propria immagine aziendale.

3) Possono generare commenti che vanno gestiti immediatamente.

Non si tratta inoltre degli unici contenuti dei social media che vivono in tempo reale – lo stesso discorso vale infatti anche per i live video – ma questi ultimi hanno una persistenza anche dopo la loro conclusione.
Il ciclo di vita dei contenuti online è dunque mutato per lasciare spazio ad una profondità di consumo che si sposa con le abitudini degli utenti: posso vivere il qui ed ora di un brand con le stories, apprezzarne i contenuti più stabili con i “classici” post e partecipare live alla loro quotidianità. In base a ciò che mi interessa, al tempo che ho a disposizione, al brand.
Sono finite le certezze – invero già piuttosto limitate – sulle buone pratiche per contenuti dei social media di sicuro successo (per parafrasare molti dei titoli acchiappa-click degli ultimi anni).
Non basta essere interessanti, bisogna davvero imparare a coinvolgere e a studiare strategie, linguaggi e toni ad hoc per ciascun “piano di persistenza” scelto.

Una comunicazione “curata”

Intendiamoci: la programmazione di medio-lungo periodo non è morta. Non sono morti neanche i blog, né i corporate blog. A dirla tutta nessuno nel pieno delle proprie facoltà consiglierebbe mai di trascurare tutti gli altri contenuti per dedicarsi esclusivamente a quelli effimeri o in live streaming.
Anzi.
È arrivato il momento di programmare in maniera intelligente, di differenziare i post a maggiore persistenza dagli altri, di investire in maniera oculata sulla produzione a valore e a lungo termine.
E al tempo stesso di curare quanto è già stato fatto.
Una brand community di oggi è il risultato di un lavoro di community management di mesi, anni. Una sfida che passa anche attraverso la capacità di produrre contenuti di valore.
Che non perdono la loro importanza oggi ma che anzi possono essere rivalorizzati per creare un racconto – storytelling, per usare un termine caro a molti – che, declinandosi in forme e linguaggi diversi, restituisca una immagine del brand adattata a target e momenti specifici.
D’altra parte attenzione anche a non sottovalutare la “complessità”: effimero non significa sciatto o poco curato, live non significa con inquadrature mosse e audio incomprensibile.
Soprattutto, oggi non basta più dire “vogliamo essere sui social media” ma bisogna imparare ad esserci mutando linguaggio e pelle, a seconda dello strumento scelto.
Non è solo una questione di piattaforme, ma di capacità di differenziare il contenuto.
Senza perdere la propria identità.

** Emanuela Zaccone: Digital Entrepreneur, co-founder e Marketing & Product Manager di TOK.tv. Ha oltre 10 anni di esperienza come consulente e docente in ambito social media analysis e strategy per grandi aziende, startup e università. È autrice di “Digital Entrepreneur: principi, pratiche e competenze per la propria startup” (Franco Angeli, 2016) e di “Social Media Monitoring: dalle conversazioni alla strategia” (Flaccovio, 2015).


È il momento di ripensare i contenuti dei social media - Ultima modifica: 2018-01-23T09:00:48+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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