Immaginate di svegliarvi alla mattina, aprire Facebook e scoprire che tutti la pensano come voi, condividono gli stessi contenuti, hanno le stesse opinioni, niente più discussioni e commenti aspri con chi la pensa diversamente da voi anzi, voi avete ragione su tutto: cosa ne pensate?
di Rudy Bandiera
Questa è la premessa posta alla base del libro “Il filtro” di Eli Parisier che tratta di filtri software, di filtri quindi, algoritmi che attuano delle scelte al nostro posto, mostrandoci quello che dobbiamo vedere, mostrandoci quello che, secondo i nostri interessi e le nostre abitudini, preferiamo vedere.
Perché vi parlo di questo? Perché la maggior parte di noi è convinta che la rete sia neutrale, che i motori di ricerca e i social network siano neutrali, per questa stessa ragione ci sono persone che scambiano Facebook come una fonte autorevole e degna di fiducia.
Quante volte sentiamo qualcuno dire “Eh ma l’ho letto su Facebook” convinto che ciò che passa per il social sia vero e non una mera chiacchiera da bar, come invece dovrebbe essere interpretato.
La verità, come sostiene Parisier, è che lo schermo del computer è uno specchio che riflette i nostri interessi perché gli analisti degli algoritmi osservano tutto quello che clicchiamo. Quello che si viene a creare è una bolla fatta solo di notizie a noi gradite e in linea con le nostre convinzioni, che lascia sempre meno spazio a punti di vista diversi dai nostri, limita la nostra creatività e ricerca di nuove fonti, limita lo scambio di opinioni.
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È una realtà tanto vera che una riflessione occorre farla.
Se da un lato infatti Google sostiene da tempo la personalizzazione dei risultati di ricerca, e questo è positivo, almeno secondo il mio punto di vista, dall’altro lato molte persone non sono ancora consapevoli di tale personalizzazione. Per intenderci, se cerchiamo la stessa cosa su Google, i risultati che otterremo saranno tutti diversi a seconda di chi siamo, di quali siti frequentiamo abitualmente, di che cosa clicchiamo, delle nostre abitudini in sostanza.
Adesso invece concentriamoci su Facebook.
Facebook non ci mostra tutto, ma ci fa vedere solo quello che l’algoritmo pensa che sia affine a noi e ai nostri interessi. Quindi cosa ci fa vedere il buon Marco Montedizucchero? Quello che l’algoritmo di visibilità ci mostra. Se abbiamo 5.000 amici, non vedremo in timeline tutto quello che loro pubblicano, ma solo una parte, quello che decide l’algoritmo di visibilità in base ai nostri click e alle nostre interazioni.
I social generano proprio questo effetto, queste bolle sociali, io questa amo chiamarla “bolla dell’ego”.
Se è vero che lo schermo del PC è lo specchio dei miei interessi, su Facebook vedrò sempre di più persone simili a me, persone che la pensano come me e di conseguenza vedrò sempre di più i loro contenuti come loro vedranno sempre di più i miei: consumare informazioni conformi alla nostra idea del mondo è facile e piacevole, mentre consumare informazioni che ci stimolano a pensare in modo diverso o a mettere in discussione quello che diamo per scontato è frustrante e difficile.
Quando la bolla si forma, le persone sui social vedono quello in cui credono e vedono che anche tutti gli altri credono nella stessa cosa, questo li convince di essere parte di una maggioranza, una maggioranza che ha quindi ragione nelle proprie convinzioni e in questa situazione non è facile far loro cambiare idea.
Come sempre la soluzione è davanti ai nostri occhi, essere consapevoli di essere all’interno della bolla.
Consapevolezza è la parola chiave.
Bisogna essere consapevoli dell’esistenza di filtri o algoritmi che seguono le nostre azioni e scelgono per noi. Dobbiamo essere consapevoli che la realtà che viviamo online non è universale, ma è la nostra realtà.
Presa coscienza di tutto ciò, la vera sfida è vincere la nostra pigrizia mentale che ci fa credere che quello che vediamo sia assoluto, scegliendo di interagire con persone che hanno pensieri distanti da noi, leggere cose che non ci piacciono o che non ci interessano solitamente.
Dobbiamo “aggirare” l’algoritmo di visibilità.
Dobbiamo osservare lo schermo del PC e non vedere un’immagine distorta di noi, ma osservare la complessità di ciò che ci circonda.
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