David Shing: la tecnologia al servizio del contatto umano

“Open Up Powerful Partnerships”: AOL si presenta con queste parole. Aprirsi e confidare nelle collaborazioni potenti. E non è difficile confidare in David Shing, in arte Shingy, che tiene il suo discorso e poi, con una naturalezza e una spontaneità disarmanti, mi ruba il telefono per farsi un selfie

di Francesca Ungaro

Una chiacchierata con David Shing, perché chiamarla intervista è ingannevole, un po’ come il suo aspetto. Vestito stravagante, grandi occhiali che dice subito che non gli servono affatto e un’aggressiva criniera di capelli neri. Eppure i gesti sono dolci e la sua gentilezza è immediata. Partiamo dal concetto che lui stesso afferma di amare di più: “L’Internet delle Emozioni”, in sostituzione di quel freddo termine “Internet of Everything” di cui tanto si parla senza – lui dice – capirne il concetto.
Quanto contano le Emotional Skills per avere successo nel mondo digitale? Tantissimo. Tutto. “La tecnologia può cambiare i comportamenti, ma non i bisogni dell’essere umano”. La tecnologia promette di connetterci. Tuttavia, è capace di minare facilmente qualsiasi rapporto umano. Come? Con quel costante rumore delle notifiche che arrivano, la mania di controllare mail e scattare foto, continuando a tenere in mano lo smartphone. Come fosse ormai una proiezione di noi. Serve una nuova visione dell’innovazione tecnologica, quella del creare connessioni. Il segreto è lì: la costante ricerca di un rapporto con gli altri e di creare relazioni autentiche. Ancora più difficile – aggiungo io – nella comunicazione digitale, dove viene a mancare l’impatto indispensabile della comunicazione non verbale. E Shing si illumina. È proprio questa la sfida del digitale: rendere possibile un contatto umano che resista e perduri nel tempo.
Parliamo di social media? David Shing non li ama molto. Per lui Facebook è un luogo di non-interazione perché la gente parla solo di sè. E questa autoreferenzialità annulla il potere di connettere le persone. È un “parlarsi addosso” che non può creare relazioni. Twitter è noioso e non gli piace, idem per LinkedIn. Il suo Social Network preferito è Instagram, perché le immagini creano relazioni. Col limite, tuttavia, che l’interazione rimane one-to-many perché pochi si confrontano davvero. Il grande rischio dei social media, per Shingy, è che il contenuto sia egocentrato mentre ciò che si comunica dovrebbe essere fatto dalle persone per le persone. Offrendo spunti sempre nuovi affinché la gente diventi protagonista attiva di ogni forma di tecnologia.
All’ultima domanda sorride: come desideri il tuo futuro da Digital Prophet? “Comunicare questi insegnamenti a sufficienza affinché questa visione non resti teoria, ma si insinui nella società, convincendo e coinvolgendo più persone possibili. La tecnologia è la nostra risorsa più grande. Deve rimanere fonte di connessione, interazione, relazione”. Solo così possiamo credere realmente in un’innovazione che crei cose nuove.


David Shing: la tecnologia al servizio del contatto umano - Ultima modifica: 2017-01-16T11:25:58+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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