Si chiama Spaceborne Computer, il supercomputer nello spazio creato da HPE. L’HPE Spaceborne Computer è ora nella Stazione spaziale Internazionale (ISS)
L’operazione è parte di un esperimento della durata di un anno condotto da HPE e dalla NASA per realizzare un sistema informatico ad alte prestazioni (COTS) nello spazio. L’obiettivo è che la macchina possa operare senza problemi e sia in grado di resistere almeno un anno alle dure condizioni dello spazio (pari approssimativamente alla quantità di tempo necessario per un viaggio su Marte).
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Il supercomputer HPE ha raggiunto la ISS trasportato dal razzo SpaceX CRS-12, sviluppato dalla SpaceX di Elon Musk’s SpaceX, e laniato il 14 agosto dal Kennedy Space Center, Florida. Il Razzo ha rilasciato il suo Dragon Spacecraft verso la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) portando con sé anche il supercomputer HPE
Sarà possibile effettuare esplorazioni spaziali di successo oltre la superficie terrestre in orbita bassa (Low Earth Orbit, LEO) solo quando verranno sviluppati sistemi con capacità di calcolo adeguate in grado di operare a bordo per prolungati periodi di tempo senza alcuna interruzione. Per raggiungere questo obiettivo, la tecnologia spaziale deve raggiungere livelli di efficienza ancora più elevati, perché i computer e tutto ciò che amministrano deve garantire la sopravvivenza degli astronauti. L’invio di un super-computer nello spazio, rappresenta per HPE un primo passo in questa direzione.
Perché i computer possano essere approvati e autorizzati dalla Nasa per una missione spaziale, devono rispondere a parametri stringenti: essere “irrobustiti” e resi più resistenti per poter sopportare le dure e condizioni dello spazio. Basti pensare alle radiazioni, ai raggi solari, alle particelle subatomiche, ai micrometeoriti, alla potenza elettrica instabile, al raffreddamento irregolare.
Per soddisfare questi sofisticati requisiti HPE ha adottato un approccio diverso: ha infatti “irrobustito” il sistema a livello software, superando con successo oltre 146 test e certificazioni prima di essere approvato da parte della NASA e autorizzato ad operare nello spazio. Questo importante esperimento pone le basi per una più rapida adozione delle più recenti e innovative tecnologie al fine di favorire le esplorazioni spaziali oltre l’orbita terrestre bassa (Low Earth Orbit, LEO), come, per esempio, la Missione su Marte.
Molti dei calcoli necessari per i progetti di ricerca che si svolgono nello spazio sono ancora fatti sulla Terra a causa delle limitate capacità di calcolo nello spazio. Questo crea diversi possibili problemi legati alla trasmissione dei dati da e per lo spazio. Questo approccio funziona bene per l’esplorazione spaziale sulla luna o sulla bassa orbita della Terra (LEO), quando gli astronauti possono essere in una comunicazione in tempo reale con la Terra, ma una volta che si viaggia più in lontano, più vicini a Marte ad esempio, si sperimenteranno maggiori latenze di comunicazione. Ciò potrebbe significare anche 20 minuti di ritardo nelle per comunicazioni verso la Terra e poi altri 20 minuti per le risposte verso gli astronauti. Questi grandi ritardi nella comunicazione renderebbero qualsiasi esplorazione sul terreno di Marte impegnativa e potenzialmente pericolosa nel caso in cui gli astronauti incontrassero scenari pericolosi che non sono in grado di risolvere da soli.
Una missione a Marte richiederà sofisticate risorse di elaborazione a bordo che sono in grado di garantire grande affidabilità e durata. Per soddisfare questi requisiti, va migliorata la durata della tecnologia nello spazio. Inviando un supercomputer allo spazio, HPE sta facendo il primo passo in quella direzione. Le fasi future di questo esperimento coinvolgeranno infine l’invio di nuove tecnologie e sistemi avanzati di calcolo sull’ISS. La missione a Marte è la prossima occasione, dopo i grandi progressi ottenuti grazie alle missioni sulla Luna, per spingere l’innovazione tecnologica verso la prossima frontiera. L’esperimento Spaceborne Computer non solo mostrerà ciò che deve essere fatto per migliorare i calcoli nello spazio, ma servirà anche per nuove scoperte il grado di migliorare il computing ad alta performance (HPC) sulla Terra.
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