Social media monitoring e big data: 3 regole per usare i dati al meglio. Perché prima di pensare in grande bisogna misurare in piccolo
di Emanuela Zaccone
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Buzzword come intelligenza artificiale, disruptive innovation e big data fanno capolino nelle presentazioni e nelle descrizioni delle mission aziendali di un numero crescente di brand.
Quasi fossero parole magiche che è sufficiente citare per rendere operative e soprattutto per distinguersi dalla concorrenza.
Tra i termini citati, comunque big data è forse la più inflazionata degli ultimi anni.
A fronte di una crescente informazione su cosa siano i big data, su quali caratteristiche presentino e su cosa significhi doverli gestire, si è infatti generata una sorta di confusione e, contemporaneamente, di “corsa all’oro” che ha condotto moltissime aziende a dire che anche loro “fanno big data”.
Indagando più profondamente, in realtà, emerge come in molti casi quello che le aziende indicano come “big data” sia in realtà l’insieme delle informazioni provenienti dall’analisi delle conversazioni che avvengono sui social media intorno al proprio brand.
Probabilmente si tratta di milioni di conversazioni, in altri casi di qualche migliaio, in generale è interessante notare come l’ansia di collocarsi all’interno di un trend di moda nasconda non solo una mancata piena comprensione del fenomeno e del contesto, bensì anche carenze nella sostanza stessa dell’oggetto. In sintesi: il social media monitoring usato per giustificare i big data è davvero eseguito correttamente?
Ci sono fattori che variano in misura più o meno ampia. Una serie di indicatori di analisi sui social media sono piuttosto basilari e comuni a qualunque brand (numero di fan/followers, tasso di engagement, sentiment delle conversazioni, etc.). Ce ne sono altri propri invece dell’azienda specifica perché coerenti con la missione del brand e gli obiettivi di marketing (non solo digital).
Quindi prima di parlare di big data celandosi dietro al numero di post analizzati o di like ricevuti, sarebbe opportuno rispettare la regola n° 1 del monitoring: identificare e organizzare gli indicatori di analisi. Cosa vogliamo misurare? Come? Con quali obiettivi?
A proposito di analisi, il secondo passo necessario consiste nello strutturare il metodo di reporting. Si fa presto a dire che “facciamo big data”: e come li rendiamo comprensibili quando parliamo di social media monitoring?
In questo caso non esiste un criterio unico, ho visto aziende usare semplicemente dei fogli Excel ed altre disporre di control room con schermi che mostrano in tempo reale dashboard con i dati di analisi. Ma c’è una regola fondamentale: il reporting ex post consente solo limitatamente di intervenire per modificare le proprie strategie e rispondere ad eventuali crisi.
Corollario: qualunque sia la modalità scelta è fondamentale essere comprensibili. Inutile creare report che nessuno aprirà perché impossibili da capire. Non si tratta di fare copia e incolla di numeri ma di dare un senso ai dati analizzati.
Terza regola: i dati osservati vanno trasformati in azioni concrete.
Diversamente avremo ottenuto una interessante collezione di nozioni storiche che costituiscono una fotografia del passato.
E poco importa se la mole di dati raccolti sia davvero big, il punto è che è poco utile: una repository di post e interazioni che avrebbero potuto cambiare le strategie di un presente che ormai – alla velocità con cui si muovono i social media – è già diventato passato.
Allora il problema non è misurare l’ampiezza dei dati raccolti, o semplicemente predisporre le strutture adatte alla loro conservazione. Le informazioni devono diventare parte integrante dei processi aziendali, non solo un elemento di storytelling.
Smettete di chiedervi quanto grandi e pesanti siano i vostri dati, cominciate a valutare quanto siano significativi, che impatto hanno avuto o possono avere sul business e come volete condividerli con altri. Fate in modo che siano comprensibili, utili a tutti, possibilmente con indicatori ad hoc per ciascuna business unit. Insomma, fate in modo che diventino il supporto dei vostri processi.
** Emanuela Zaccone: Digital Entrepreneur, co-founder e Marketing & Product Manager di TOK.tv. Ha oltre 10 anni di esperienza come consulente e docente in ambito social media analysis e strategy per grandi aziende, startup e università. È autrice di “Digital Entrepreneur: principi, pratiche e competenze per la propria startup” (Franco Angeli, 2016) e di “Social Media Monitoring: dalle conversazioni alla strategia” (Flaccovio, 2015).
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