L’intelligenza artificiale trova un ulteriore utilizzo: decifrare le scritture dei millenni passati, facilitando in questo mondo lo studio e la conoscenza di civiltà antiche finora meno comprese. L’ultima novità riguardo le potenzialità dell’A.I. arriva dalla facoltà di Computer Science del college americano University of Chicago Oriental Institute. Qui, i ricercatori hanno creato il programma DeepScribe che è stato in grado di analizzare oltre seimila geroglifici presenti negli Archivi di Persepoli, delle tavolette in argilla risalenti al periodo Achemenide del 500 a.C. I preziosi reperti dell’impero persiano, che oggi è diventato territorio dell’Iran, sono conservati proprio nell’università di Chicago e adesso grazie all’intelligenza artificiale verranno tradotti con maggiore facilità.
Per merito di algoritmi di apprendimento automatico, DeepScribe è capace di analizzare e studiare in breve tempo i simboli e i caratteri delle tavolette della dinastia Achemenide. Nell’università americana già dagli anni ’90 si usano computer e relativi software per tradurre i geroglifici, ma l’innovativo programma renderà la ricerca maggiormente efficace. “Dal punto di vista dell’intelligenza artificiale è davvero interessante perché queste sono le stesse sfide che affrontiamo noi studiosi. La visione computerizzata è migliorata in modo così significativo che solo dieci anni fa ciò non sarebbe stato possibile e dovevamo ricopiare tutto a mano – ha detto il professor Sanjay Krishnan, a capo dell’operazione – l’apprendimento automatico offre precisione e rapidità che ci permette di lavorare velocemente alla comprensione dei testi”.
I ricercatori hanno usato una piattaforma di gestione di database chiamata Ocher che ha organizzato i dati reperiti negli scavi archeologici. L’obiettivo finale è quello di creare uno strumento di intelligenza artificiale che sia ampio e flessibile, in grado di interpretare gli scritti da regioni geografiche e periodi di tempo diversi. Attualmente i dati digitalizzati hanno la notevole dimensione di circa 60 terabyte e DeepScribe è stato in grado di creare un dizionario di oltre centomila lemmi singoli da cui il programma continua ad imparare. Quando il modello è stato testato su un set di segni già conosciuti, il software ha raggiunto una precisione dell’80%. Secondo Krishnan, la scoperta potrebbe essere impiegata per identificare e tradurre parti ripetitive dei documenti, consentendo agli esperti di dedicare il loro tempo a interpretare frasi e parole difficili. Anche quando DeepScribe non riesce a identificare con certezza un simbolo, può dare ai ricercatori delle traduzioni plausibili che rappresentano un importante passo avanti.
Il team mira inoltre a rendere DeepScribe uno strumento che altri archeologi possono utilizzare nei loro progetti. Ad esempio il programma potrebbe essere riqualificato su simili linguaggi cuneiformi oppure il modello potrebbe effettuare ricerche su reperti danneggiati o incompleti. Un’idea vantaggiosa anche per stimare l’età e l’origine di antichi manufatti, una pratica di solito fatta con i test chimici come quelli del Carbonio-14.
Dopo aver visto l’utilità per l’ambiente nella lotta ai cambiamenti climatici e a favore delle biodiversità degli oceani, l’A.I. rivela un ennesimo prezioso impiego. Creando la cosiddetta archeologia digitale, l’intelligenza artificiale potrà aiutare gli scienziati a scoprire nuovi dettagli sulla storia del mondo e in questo modo permettere di conoscere, attraverso le macchine, il passato dell’umanità.
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