La prima immagine di un buco nero è dovuta a un algoritmo della scienziata informatica Katie Bouman, mentre era ancora studentessa al MIT. La foto del buco nero è stata subito condivisa nel suo profilo Facebook e si legge tutta l’emozione mentre la stava elaborando all’interno del suo laboratorio.
L’algoritmo, che Katie Bouman chiamava CHIRP (Continuous High-Resolution Image Reconstruction Using Patch priors) era necessario per combinare i dati degli otto radiotelescopi di tutto il mondo che lavoravano per il progetto Event Horizon Telescope, la collaborazione internazionale intesa a catturare l’immagine del buco nero in un’immagine coesa.
Katie Bouman è attualmente una post-doctoral fellow per l’Event Horizon Telescope e inizierà come assistant professor nel Dipartimento di calcolo e scienze matematiche della Caltech.
Lo sviluppo del CHIRP è stato annunciato nel 2016 dal MIT e ha coinvolto un team di ricercatori provenienti da tre Istituti:
L’obiettivo del progetto, come descritto inizialmente, era quello “di trasformare l’intero pianeta in un grande piatto radiotelescopio”.
Poiché i segnali astronomici raggiungono i radiotelescopi a ritmi leggermente diversi, i ricercatori hanno dovuto capire come tener conto di ciò in modo che i calcoli fossero accurati e che le informazioni visive potessero essere estratte.
Come spiegato dal MIT, Katie Bouman ha adottato una soluzione algebrica intelligente a questo problema: se le misure di tre telescopi vengono moltiplicate, i ritardi aggiuntivi causati dal rumore atmosferico si annullano a vicenda e ciò significa che ogni nuova misurazione richiede dati da tre telescopi, non solo due, ma l’aumento di precisione compensa la perdita di informazioni.
L’algoritmo ha, quindi, ricostruito e perfezionato le immagini originali per preparare la storica foto del buco nero. Il CHIRP può essere utilizzato anche per qualsiasi sistema di imaging che utilizza l’interferometria radio.
Così tanti dati sono stati raccolti dall’Event Horizon Telescope che sono stati spediti al MIT Haystack Observatory su mezza tonnellata di hard disk
Per saperne di più su come è stato sviluppato l’algoritmo, basta dare un’occhiata al TED Talk della Bouman
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