Nella lotta alla pubblicità invasiva e fastidiosa, Google impegna tutti i suoi mezzi per migliorare l’esperienza utente: ecco in cosa consiste l’ormai ufficiale sistema di blocco di Chrome.
Il giorno tanto temuto dai publisher di tutto il mondo è arrivato: da poche ore è stato attivato il sistema di rilevamento automatico con blocco delle inserzioni pubblicitarie che disturbano la navigazione online degli utenti.
Qui nel dettaglio COME Funziona l’ad-blocker di Google Chrome
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Negli ultimi anni hanno preso sempre più piede i cosiddetti adblocker, vale a dire programmi installabili sui browser per la navigazione online, che si presentano sotto forma di plugin. Gli ad-blocker, come suggerisce il nome stesso, sono dei sistemi di blocco delle pubblicità, che però fino ad oggi non distinguevano tra i diversi tipi banner, abbattendo di fatto qualsiasi forma pubblicitaria sui siti web – a meno di minuziosi lavori di filtraggio nelle whitelist.
Considerando che la pubblicità resta al momento la forma di sostentamento dei siti più diffusa, e che a causa dei profitti sempre più esigui i proprietari degli stessi sono quasi obbligati ad aumentare il numero di inserzioni presenti nelle proprie pagine, il panico generato dall’annuncio del blocco di Chrome è piuttosto comprensibile.
Google ha infatti deciso di integrare all’interno del suo famoso browser un sistema capace di rilevare il codice dei banner, ma a differenza dei tradizionali adblocker, il filtro di Chrome permetterà una cernita tra le diverse tipologie di pubblicità. Questo perché il 69% degli utenti che hanno deciso di installare un adblocker sul proprio browser ha dichiarato di essere stato spinto a questa decisione a causa di pubblicità molto fastidiose che spesso impedivano la corretta fruizione dei contenuti online.
Ecco perché Google, attraverso la Coalition for better ADS, ha deciso di realizzare un sistema di blocco capace di valutare il tipo di pubblicità visualizzata su un sito web.
Setacciando le sue pagine, infatti, potrà determinare se le inserzioni presenti sono sgradite al pubblico, sulla base dei cosiddetti Better ADS Standard, ovvero criteri che consentono di stabilire se le pubblicità sono ben tollerate oppure invadenti.
I timori di chi lavora dietro le quinte di internet sono stati presto fugati dalla stessa Google che, ricordiamo, è anche la società proprietaria di AdSense, ovvero uno dei sistemi di campagne pubblicitarie più diffusi al mondo.
In particolar modo, la compagnia di Moutain View ha tenuto a precisare che non tutte le pubblicità saranno bloccate senza distinzione, ma verranno oscurate soltanto quelle più fastidiose come:
Se per gli utenti la nuova chicca di Chrome potrebbe rappresentare una vera ancora di salvezza, che vanifica la necessità di installare plugin aggiuntivi, dall’altra parte i proprietari di siti internet possono attuare degli accorgimenti per non finire nella blacklist di Google.
Dalla Google Search Console, infatti, i webmaster potranno avviare un’analisi del proprio sito per lasciare che Google evidenzi se le pubblicità presenti siano tollerabili oppure troppo moleste.
In quest’ultimo caso, tuttavia, Google informerà il proprietario del sito sulla criticità dei risultati ottenuti, consentendo di correre ai ripari entro 30 giorni, prima di bloccare in maniera definitiva le pubblicità più irritabili.
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