Google AI contro Siri e Bing: i test mostrano che uno è più intelligente
I test QI (Quoziente Intellettivo) mostrano che uno degli assistenti vocali tra Google Assistat, Siri e Bing ha un’intelligenza superiore agli altri, ma ancora molto bassa per gli standard umani.
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Dei ricercatori, che hanno sviluppato un test QI per l’intelligenza artificiale, riferiscono che Google supera di gran lunga Siri e Bing, ma con un QI che è più basso di quello di un bambino di sei anni.
Secondo i ricercatori Feng Liu, Yong Shi e Ying Liu, Google AI ha un QI di 47,28, in base ai test QI condotti nel 2016.
Il punteggio di Google è leggermente più basso di quello di un umano di sei anni che si attesta su una media di 55,5, ma, al contempo, è il doppio di quello di Siri che è di 23,9. Per le misurazioni effettuate, Siri non è neanche intelligente quanto Bing di Microsoft o Baidu, che hanno rispettivamente un punteggio di QI di 31,98 e 32,92. Tutti i punteggi riscontrati sono significativamente più bassi di quelli di un ragazzo di 18 anni, che si aggira sui 97.
Un test QI effettuato nel 2014, da due dei ricercatori, su diversi motori di ricerca aveva riscontrato un punteggio di 26,5 per Google e 23,5 per Baidu.
“I risultati a oggi indicano che i sistemi d’intelligenza artificiale prodotti da Google, Baidu e altri sono migliorati in maniera significativa, rispetto ai due anni precedenti, ma, ancora, hanno molte lacune se comparate perfino con un bambino di sei anni”, hanno scritto i ricercatori su un nuovo studio pubblicato su ArXiv della Cornell University Library.
I ricercatori propongono inoltre un modello per classificare per gradi l’intelligenza dei sistemi AI e per valutare la tecnologia nel contesto dell’eventuale rischio per gli umani; il loro modello unifica le caratteristiche dell’AI a quelle umane circa quattro aree di conoscenza, inclusi “input, output, padronanza e creazione”.
Il modello sull’intelligenza delle AI va da un sistema di primo grado, che non riesce a scambiare informazioni con gli umani, fino a un grado di onnipotenza, il sesto, tanto temuto da Elon Musk, in cui “innova continuamente e crea nuova conoscenza, con abilità di input e output, padronanza della conoscenza e abilità d’applicazione che si avvicina a valori infiniti, man mano che il tempo va avanti”.
I sistemi d’intelligenza artificiale di primo grado hanno la stessa capacità d’interazione con gli umani, in merito alle informazioni, pari a quella di una pietra, mentre i sistemi di secondo grado includono smart TV e lavatrici che possono controllare le informazioni di programma, ma mancano dell’abilità di apprendere automaticamente.
La terza classe include computer e telefoni che possono essere programmati e aggiornati, mentre il quarto grado include il “cervello” di Google, di Baidu e l’europeo RoboErath, per via della capacità di adattarsi in base alle informazioni scambiate sul Cloud.
Gli umani, sostengono i ricercatori, possono essere considerati come detentori di una speciale intelligenza che, comparata ai livelli di AI, si accosta al quinto grado per la loro abilità di essere creativi, aspetto che manca ai sistemi nei gradi più bassi.
In base a questo schema, i ricercatori sostengono che AlphaGo, della DeepMind, proprietà della società madre di Google Alphabet, sarebbe un sistema di terzo grado, in parte perché è ancora nella fase R&D. Nonostante, inoltre, sia capace di battere gli umani al gioco Go con strategie esotiche, non si può considerare sia dotato di creatività, poiché fa affidamento sull’addestramento umano per funzionare.
“Se gli umani non fornissero aiuto al programma e AlphaGo potesse ottenere i dati di Go di propria iniziativa, autoprogrammarsi e simulare partite di quel gioco per accumulare esperienza per cambiare i propri schemi di addestramento per vincere al gioco in contesti reali, allora si potrebbe difendere l’idea che AlphaGo possa essere in grado d’innovare.” “In ogni modo AlphaGo non sembra capace di questo processo di sviluppo e da un punto di vista onnicomprensivo la sua intelligenza risulta di terzo grado, che è due di due gradi inferiore a quella umana”, scrivono i ricercatori.
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