Uno scenario inquietante quello emerso da un’indagine condotta dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni, con il coordinamento della Procura di Roma, nell’ambito della fase conclusiva dell’operazione Data Room.
Dagli accertamenti svolti, i dipendenti di Tim carpivano illecitamente dati sensibili di clienti, si parla di circa un milione e 200 mila dati all’anno, per immetterli nel commercio illecito delle informazioni estratte dalle banche dati. I titolari di call center telefonici sfruttavano le informazioni per contattare i potenziali clienti e lucrare le previste commissioni per ogni portabilità del numero. Fino a 400 euro per ogni contratto stipulato. Secondo la stima fatta dagli inquirenti si tratta di un guadagno di settemila euro a fronte della commercializzazione di 70 mila dati sensibili carpiti illecitamente.
Le indagini sono state portate avanti dagli specialisti del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni che hanno svolto intercettazioni telefoniche e pedinato gli indagati, analizzato i sistemi informatici delle piattaforme contenenti i dati, analisi rese possibili anche grazie alla collaborazione della struttura di sicurezza aziendale di Telecom Italia.
È la prima operazione su larga scala per la tutela dei dati personali trafugati, un fenomeno noto a tutti che vede coinvolti dipendenti infedeli, call center compiacenti ed intermediari e che ha quale oggetto ciò che sul mercato ha assunto un significativo valore commerciale. I dati riservati relativi all’utenza. Impiegati 100 specialisti della polizia Postale per i 20 provvedimenti cautelari, 13 ordinanze di arresti domiciliari e 7 di obbligo di dimora nel comune di residenza. Notificate anche ordinanze che stabiliscono per altri indagati il divieto di aprire imprese o ricoprire incarichi direttivi. Nei loro uffici ci sono state perquisizioni anche informatiche.
“È la prima indagine in cui viene applicata una fattispecie introdotta nel nostro ordinamento nel 2018, l’articolo 167 bis del testo unico della Privacy e che colpisce chi diffonde archivi personali procurando un danno” hanno detto il procuratore capo di Roma, Michele Prestipino, e il procuratore aggiunto Angelo Antonio Racanelli commentando l’operazione. “Le banche dati – hanno aggiunto – sono diventate un obiettivo molto appetibile per mettere in atto attività illecita“.
Gli inquirenti hanno ringraziato Tim, “che è parte offesa, non solo ha denunciato ma ha supportato il lavoro della Polizia Postale con le sue strutture tecniche”.
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