Server statali, per il ministro Colao sono un colabrodo e lancia l’allarme hacker

I server statali, quelli della pubblica amministrazioni per intenderci, sono un colabrodo. Questa la sentenza del ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale Vittorio Colao che dal festival dell’Economia di Trento avverte: “Qui nessuno è sicuro e non possiamo andare avanti così, abbiamo bisogno di cloud più sicuri perché i dati sensibili dei cittadini e quelli meno sensibili siano tenuti in sicurezza”.

Un paradiso per gli hacker, sia quelli puramente criminali o ideologicamente motivati sia quelli facenti riferimento a potenze straniere, come quelli cinesi, nordcoreani e russi. “Abbiamo il 93-95% dei server statali non in condizioni di sicurezza” – ha quindi proseguito Colao. Dichiarazioni che arrivano in vista dei bandi di gara per il cloud pubblico, una partita su cui hanno già messo gli occhi i maggiori player statali e non. Da un lato la divisione Fincantieri in partnership con la divisione Aws di Amazon, dall’altro Leonardo in collaborazione con Aruba.

L’obiettivo, quello creare un polo nazionale sicuro e ridondante le cui chiavi di accesso di crittografia siano in controllo pubblico e in cui possiamo avere i vantaggi di esser al sicuro con la nostra tecnologia. Si parla quindi di un cloud unico con la creazione del Polo strategico nazionale. “Classificheremo anche i dati ed i livelli di cloud commerciali che, se verranno usati, dovranno essere certificati. Un mondo sicuro sia sulla parte commerciale che meno commerciale” – afferma Colao.

Server statali a rischio cyberattacchi, non è una novità

Ma già lo scorso anno prima del lockdown nazionale nel “Censimento permanente delle istituzioni pubbliche” si faceva presente quanto ad esempio le Università italiane erano quelle messe peggio tra gli uffici pubblici italiani: 50 su 71 ammettevano di aver subito uno o più attacchi informatici nel corso dell’anno. 

E a seguire, tra le istituzioni pubbliche più deboli sul fronte della cybersicurezza, c’erano le Regioni, i ministeri, gli ospedali e le aziende sanitarie, le province e le città metropolitane. Il 28% delle istituzioni centrali dello Stato avevano già subito almeno dieci attacchi in un anno: un colabrodo, appunto.

E a pagarne le conseguenze sono sempre i cittadini, spesso inconsapevoli del furto dei propri dati. Mentre gli investimenti pubblici nella sicurezza informatica non si avvicinavano neanche lontanamente ai livelli di Francia e Germania.

Abbiamo preso sei miliardi e 700 milioni di euro per aiutare i ‘giocatori. Ora dobbiamo fare giocare al meglio i giocatori che ci sono, poi se loro non giocheranno lo farà anche lo Stato, ma l’importante è che non ci sia un giocatore che si porta via la palla e dice gioco solo io. Questo non lo faremmo mai passare e non lo farebbe passare neanche l’Europa” – ha quindi dichiarato Colao, secondo il quale, il ruolo dello Stato dell’innovazione deve essere quello di un allenatore che mette risorse e competenze e deve cominciare a innovare dov’è monopolista, a partire della pubblica amministrazione.

E parlando di 5G il ministro Colao ha sancito che entro il 2027 tutte le case e gli uffici saranno collegati con fibra o 5G grazie ai 50 miliardi di euro nessi a disposizione dal Recovery plan. “Noi nel 2027 vogliamo che qualunque scuola, qualunque edificio che ospiti infrastrutture sanitarie sia connesso a banda alta – ha sottolineato – la grande maggioranza di tutto ciò sarà fibra e che in una parte del territorio si dovrà fare con il 5G” – ha concluso Colao.


Server statali, per il ministro Colao sono un colabrodo e lancia l’allarme hacker - Ultima modifica: 2021-06-07T09:59:04+00:00 da Francesco Marino

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic

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