La stampa 3D si mette al servizio della comunità: startup di tutto il mondo sono già al lavoro per produrre oggetti e materiale medico da utilizzare durante la pandemia causata dal coronavirus. Mascherine e ventilatori, due fra i prodotti di cui si è parlato maggiormente causa il basso numero di unità disponibili, vengono stampate da aziende e privati specializzati nel 3D printing. Una possibilità utile per provare a superare le difficoltà portate dal Covid-19 e che rafforza ancora di più il valore di questo tipo di tecnologia, già sperimentata in altri campi della medicina.
Un primo esempio lodevole arriva dall’Italia: l’azienda bresciana Isinnova si è fatta notare grazie alla creazione di valvole respiratorie necessarie per collegare i pazienti alle macchine. Insieme a quelle della ditta Lonati, le stampanti 3D sono state messe in funzione e il duo italiano è riuscito a produrre cento valvole di respirazione in 24 ore, in uso nell’ospedale di Brescia. Airwolf3D, con sede in California, ha avuto un’idea simile offrendo volontariamente la propria flotta di stampanti 3D per la produzione di valvole respiratorie e componenti medici personalizzati. Lo stesso ha fatto l’americana Formlabs che di solito vende stampanti e non prodotti stampati. Ma nelle prossime settimane la società dedicherà i 250 macchinari nella sua fabbrica dell’Ohio per realizzare ogni giorno fino a centomila tamponi per i test Covid-19.
Negli Usa in particolare, forse per una risposta tardiva del presidente Trump, numerose startup si sono messe al lavoro per aiutare gli infermieri e i medici. Nei giorni scorsi, la società Carbon di Redwood City, California, ha collaborato con Verily (la startup nota in passato come Google Life Sciences di proprietà di Alphabet) per progettare degli speciali scudi facciali. L’attrezzatura protettiva aiuta ad evitare che gli operatori sanitari vengano infettati e diffondano la malattia, ma sta scarseggiando in numerosi ospedali statunitensi. Il team ha già prodotto dei prototipi e li ha inviati per la valutazione a diversi ospedali dell’area di San Francisco, secondo Forbes. Persino Ford, la nota casa automobilistica, ha recentemente affermato che gli schermi facciali realizzati con le sue stampanti 3D in carbonio sono stati testati negli ospedali della zona di Detroit. L’azienda ha dichiarato che prevede di realizzare mille schermi facciali al mese, ma vuole aumentare la produzione il più rapidamente possibile.
Nel Regno Unito gli aiuti agli ospedali sono necessari data la simile crisi per il coronavirus che ha colpito anche il primo ministro Boris Johnson. Come riporta la Bbc, il gruppo 3DCrowd UK sta ora cercando di reclutare un alto numero di volontari disposti a mettere al lavoro la propria stampante tech. L’associazione afferma che migliaia di maschere stampate in 3D sono già state realizzate e donate a ospedali, medici di base, farmacie, paramedici e ospizi. Tutti questi fabbricanti sfruttano progetti open source per ottenere i disegni con cui stampare gli oggetti: ad esempio la ditta ceca Prusa Printers ha rilasciato sul proprio sito un programma usufruibile da chiunque. Ciononostante, alcuni prodotti hanno licenze ufficiali e sono coperti da copyright, perciò alcuni stampatori potrebbero ricorrere in rischi legali nel caso di riproduzioni non permesse. Ma è probabile che in un periodo di crisi come questa il buon senso abbia la meglio e che per necessità si mettano da parte aspetti legali e le controversie.
Andrea Indiano
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