Nei laboratori di ricerca di Google gli sviluppatori sono entusiasti di condividere i progressi delle applicazioni di deep learning: ecco come un’intelligenza artificiale può crearne altre.
Non è una novità che tutte le maggiori aziende del settore della tecnologia e delle telecomunicazioni stiano focalizzando gli sforzi verso un’unica direzione, quella dell’intelligenza artificiale.
Ogni piccolo traguardo va celebrato e reso noto alla stampa mondiale: stiamo vivendo un momento di innovazione mai raggiunto fino ad oggi, e anche il più piccolo progresso potrebbe fare la differenza nella ricerca.
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Sono passati solo 7 mesi da quando Google, durante un evento dedicato, ha tolto i veli da uno dei progetti maggiormente a cuore alla divisione di ricerca di Google: AutoML veniva presentato al mondo.
Si tratta di un moderno sistema di auto-apprendimento, ed è un algoritmo che è in grado di sfruttare il deep learning, soprannominato per l’occasione reinforcement learning, dati gli standard elevati raggiunti da questo tipo di tecnologia.
All’epoca AutoML era un’intelligenza artificiale che si apprestava ad affrontare un lungo periodo di test ed esperimenti: un sistema capace non solo di imparare e di auto-migliorarsi, ma addirittura di generare intelligenze artificiali superiori.
Il risultato è presto detto: Google ha appena dichiarato di essere riuscita nell’impresa di far generare ad AutoML un nuovo sistema di machine learning ancor più sopraffino.
Il primogenito di AutoML prende il nome di NASNet, ed è una rete neurale artificiale che ha come scopo quello di riconoscere in tempo reale gli oggetti sottoposti al sistema.
La rete neurale figlia è stata istruita ed addestrata dalla genitrice AutoML nell’individuazione di persone, veicoli ed oggetti vari, e l’operazione di riconoscimento e comparazione dei risultati è stata ripetuta per svariate migliaia di volte finché NASNet non è stata in grado di fornire risultati più che apprezzabili.
Il sistema di deep learning ha dovuto misurarsi con due dei più grandi dataset mondiali custodi di immagini, ovvero ImageNet e Common Object in Context. Dopo aver setacciato ogni dettaglio delle immagini sottoposte all’analisi, NASNet è riuscito a riconoscere gli oggetti presenti anche in video in riproduzione live, con una precisione mai raggiunta prima dell’82.7%. Un record che supera tutti i risultati di precedenti applicazioni di machine learning.
Per l’accuratezza di questo tipo di sistema intelligente sono già previste diverse applicazioni utili come la guida autonoma delle auto e droni intelligenti, con relativo riconoscimento di oggetti, veicoli o persone lungo il proprio percorso. Ma quest’intelligenza artificiale in grado di autoriprodursi potrebbe approdare ben presto in processori d’immagine delle fotocamere, oppure aiutare in maniera sensibile nei processi di post produzione di photo e video editing.
Altre preoccupazioni per quanti la pensano come Elon Musk, fondatore di Tesla apertamente contro questo tipo di rivoluzione nel campo delle intelligenze artificiali: il rischio (temuto) è che le intelligenze artificiali possano divenire, in un futuro non troppo lontano, in grado di autoprogrammarsi e riprodursi, senza l’intervento o la richiesta dell’essere umano.
Sebbene allo stato attuale siamo ancora lontani dal realizzare un sistema intelligente capace di autoriprodursi in maniera completamente autonoma, le istituzioni sono già al lavoro per produrre una regolamentazione che impedisca alla ricerca di prendere strade diverse da quella attualmente battuta: le AI dovranno essere messe a punto soltanto a beneficio dell’uomo e mai per arrecare danni al genere umano.
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