La nostra copertina è stata hackerata, ha subito un defacing si sarebbe detto qualche anno fa, ovvero un hacker entrava nel sito di un’azienda, magari un brand famoso e “deturpava” la home page del sito inserendo coniglietti rosa, o anche qualcosa di peggio. Il dafacing non esiste più, se le nonne parlassero di cyber security direbbero “non ci sono più gli hacker di una volta” e in effetti è così.
L’hacker viveva sul filo di lama tra l’essere un Robin Hood (che se la prende con i “grandi” ) e uno scassinatore; a metà tra azioni eroiche e tornaconto personale.Non è più così da molto tempo… il lato oscuro della tecnologia è ormai il braccio digitale della criminalità, ma un tempo era diverso.
Abbiamo scelto i graffiti per la nostra copertina sulla sicurezza informatica, perché il tema rappresenta l’eterna lotta tra legalità e illegalità, tra il fascino di conquistare la fama e il rispetto del bene comune, tra azione e reazione: i graffiti sono nati nella metropolitana di New York e più i vagoni venivano ricoperti di scritte, più venivano ripuliti, aumentava la sorveglianza e la prevenzione. Infine i graffiti sono pressoché spariti perché le contromisure divennero efficaci.
La stessa cosa che accade tra cyber crime e cyber sicurezza: azione e reazione, guardie e ladri digitali si inseguono sempre, anche se il cyber crime non accenna a diminuire.
Alla fine degli anni ’80 i graffiti hanno raggiunto la loro massima espressione per poi entrare nelle gallerie d’arte ed essere quotati e venduti, nello stesso periodo il movimento hacker da virtuosismo digitale, da eroismo algoritmico è andato in cerca di denaro vendendo l’anima al cyber crime.
I grandi artisti dei graffiti ci hanno lasciato un’eredità importante, mentre gli hacker della prima ora ci hanno lasciato un metodo, un approccio non lineare alla risoluzione dei problemi, un pensiero laterale che dovremmo essere in grado di inserire nelle intelligenze artificiali che dovranno proteggerci dalle minacce future. Ma una AI saprà pensare come un hacker?
Forse c’è da sperarlo.
Francesco Marino
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