Cecilia Laschi
Cecilia Laschi, professore ordinario di bioingegneria industriale presso la Scuola Superiore Sant’anna di Pisa, è responsabile del primo progetto al mondo di robotica-soffice scegliendo come modello di riferimento un polpo. “Robothub”, la prestigiosa comunità scientifica internazionale di esperti di robotica, l’ha inserita nella speciale classifica delle 25 scienziate geniali al mondo che hanno dato un contributo decisivo al settore. È raro trovare una donna ai posti di comando in questo mondo, ancora molto maschile, ma Cecilia Laschi è una luminosa eccezione (per questo Digitalic l’ha inserita nelle Digiwomen 2018). Toscana doc, è nata a Piombino, cresciuta a Follonica, si è laureata in informatica a Pisa e oggi vive a Livorno.
Solo il dottorato l’ha svolto tra Genova e Pisa. Donna di mare (la vela e l’apnea sono le sue grandi passioni) Cecilia Laschi è stata ai vertici della robotica mondiale, membro dell’AdCom della IEEE Robotics and Automation Society.
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Inevitabile chiederle come è iniziato il suo percorso. “Ho sempre avuto una forte passione per la matematica, proprio perché era teorica. In quegli anni era appena nato un nuovo corso di laurea in informatica, molto vicino alla matematica ma con qualche effetto più applicativo e maggiori prospettive di impiego. La tesi di laurea e il dottorato in robotica hanno cambiato la mia passione per le cose teoriche verso la robotica che è qualcosa di fisico, e questo perché con la robotica vedevo le cose teoriche che diventavano fisiche, reali”.
Cecilia Laschi: È arrivato dopo molto tempo. Inizialmente mi sono concentrata sulla ricerca legata ai modelli del cervello e alla neuroscienza e quindi all’intelligenza dei robot, alla loro programmazione.
Mi interessava la coordinazione senso-motoria, come utilizzare i sensori per produrre delle azioni e quindi generare un comportamento autonomo del robot, ispirato a modelli del cervello umano. Col tempo ho percepito che serviva qualcosa di più…
Cecilia Laschi: Nel 2005 ho iniziato a lavorare con la collega Barbara Mazzolai, biologa marina, su cose bioispirate. Da lì è nata l’idea di “Octopus”, il primo robot senza strutture rigide.
L’ispirazione è arrivata dal mare, più precisamente dal polpo. Questo soft robot infatti ha una forma simile a un tentacolo e le fibre intrecciate da cui è formato gli permettono di allungarsi, di curvarsi e di adattarsi a ogni ostacolo. Questo ha segnato l’inizio del progetto di robot-soffice, il primo al mondo.
Siamo stati i pionieri nell’utilizzo di materiali morbidi per la costruzione di un robot con un sistema di controllo o degli attuatori che lo rendono cedevole. Numerose le sue applicazioni e speciali le sue caratteristiche.
Cecilia Laschi: Alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, insieme a Barbara Mazzolai. Abbiamo unito le nostre competenze. L’obiettivo era ripensare la fisicità dei robot, aggiungendo delle funzioni di adattamento all’ambiente e di controllo del movimento.I robot soffici rappresentano una delle sfide più promettenti della robotica.
Cecilia Laschi: Quello biomedico è sicuramente uno dei principali, dove l’interazione con il paziente ha una importante rilevanza per dettare i requisiti e le specifiche per i robot.
I medici vedono tante potenzialità nell’utilizzo di questo tipo di tecnologia perché tutto quello che riesce a inserirsi all’interno del corpo umano, muovendosi e contraendosi liberamente, è certamente uno strumento fondamentale per la medicina per effettuare, ad esempio, operazioni chirurgiche impossibili o molto rischiose.
Anche l’ambito esplorativo, come quello dei fondali, è uno dei campi dove la robotica soffice trova larga applicazione grazie alla sua grande flessibilità. E poi nell’industria, in particolare in quella alimentare, la robotica è diventata parte integrante di tutto il processo che riguarda la produzione e la distribuzione del cibo, partendo dai campi fino ad arrivare all’ultima tappa, in cucina.
Cecilia Laschi: Principalmente il silicone. È usato in tutto il mondo. Oltre a essere un materiale molto facile da usare, si lavora agevolmente e si possono produrre anche in casa i prototipi. Utilizziamo molto anche le strutture intrecciate a fibre, vagamente ispirate al tessuto connettivo dell’animale… Sarebbe comunque una bella sfida e uno degli elementi fondamentali in robotica cercare altri materiali, magari anche più sofisticati, da utilizzare in questo settore.
Cecilia Laschi: Sì, assolutamente. L’Europa è certamente avanti e la Germania e l’Italia hanno il primato. Il nostro Paese è leader nella ricerca, nella robotica più tradizionale e in quella soft dove siamo stati i pionieri. L’unico neo sono i finanziamenti che non permettono di andare avanti con la ricerca. Per questo motivo stiamo rischiando di rimanere indietro rispetto ai Paesi concorrenti. E questo è un vero peccato.
Cecilia Laschi: Secondo me non lo andranno a sostituire. Questa, a mio giudizio, è una paura eccessiva che si è diffusa. Non ritengo si possa attribuire ai robot la capacità di “pensare”. Per il momento queste tecnologie non faranno molto di più di quello per cui li abbiamo programmati. La mia idea di robot è quella di un aiutante, di un elettrodomestico più complesso e sofisticato. Altro discorso, invece, riguarda i computer…
Cecilia Laschi: Sicuramente. La “Robotics Fet-Flagship” coinvolge una comunità scientifica di oltre 800 esperti in Italia e in Europa, proposto alla Commissione Europea che entro il 2020 dovrà scegliere su quali progetti investire un miliardo di euro in dieci anni per garantire all’Europa una posizione leader in uno specifico settore scientifico e tecnologico.
È nato per rendere l’Europa un continente leader nella robotica e nell’intelligenza artificiale, superando Paesi concorrenti come Usa, Cina e Korea. La Robotics Flagship si propone di diventare il primo programma europeo di robotica in grado di coniugare gli aspetti scientifici e tecnologici con quelli sociali, culturali ed economici, portando innovazione e progresso in tutti i settori.
Gli obiettivi sono: individuare nuovi materiali e nuove forme di intelligenza per rendere i robot capaci di adattarsi alle persone e all’ambiente in cui operano; lo studio di nuovi modelli socio-economici e legislativi in grado di trarre vantaggio da un utilizzo della robotica, guidando la ridefinizione del mondo del lavoro e, ancora, lo sviluppo di robot a basso impatto ambientale grazie a materiali riciclabili e a fonti rinnovabili per alimentare gli stessi.
Mi auguro che questo progetto venga approvato per far sì che il nostro Paese non rimanga indietro in questo importante settore.
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