Test di laboratorio indipendenti hanno rilevato che alcuni dei modelli di smartphone più venduti non rispettano i limiti di legge in termini di emissioni di onde elettromagnetiche.
Si torna a parlare di “radiazioni degli smartphone” o meglio di emissioni di onde elettromagnetiche: stando ad un’indagine condotta dal Chicago Tribune, alcuni famosi e popolari modelli di smartphone in commercio superano la soglia di SAR consentita dalle leggi vigenti.
L’indagine del giornale è iniziata più di un anno fa, per rispondere alla seguente domanda:
Gli smartphone sono davvero sicuri come dicono i rispettivi produttori?
Per provare a dare una risposta più “indipendente” al quesito, la testata ha fatto condurre a proprie spese dei test in un laboratorio autorizzato dalla FCC, il RF Exposure Lab in California.
I risultati non sembrano essere sempre corrispondenti a quanto dichiarato dai produttori di smartphone, sollevando un caso che va ad aggiungersi alle già esistenti preoccupazioni per l’avvento del 5G.
Com’è noto, per stabilire il limite massimo di emissioni di onde elettromagnetiche dei dispositivi mobili, si fa riferimento ai valori SAR, vale a dire al tasso di assorbimento delle stesse onde, da parte dei tessuti del corpo umano.
Esiste un ente che si occupa di far osservare tali limiti, ovvero la Federal Communications Commission, la cui approvazione è necessaria per l’immissione dei dispositivi sul mercato.
Secondo le analisi del Chicago Tribune, tuttavia, alcuni modelli di iPhone delle scorse edizioni, ma anche qualche Samsung Galaxy e un modello di Motorola, superano di non poco il limite consentito dalla legge.
Il laboratorio che si è occupato dei test ha provveduto alla realizzazione di un liquido che simulasse l’assorbimento del corpo umano: una miscela di acqua, zucchero e sale, posizionata in una vasca, al di sotto della quale veniva posizionato lo smartphone oggetto dell’esame.
Quando quest’ultimo riceveva una telefonata, una sonda specifica si occupava di raccogliere informazioni sulla quantità di “radiazioni” propagate all’interno del liquido.
I modelli che hanno suscitato maggiore attenzione sono stati iPhone 7, iPhone 8, ma anche Moto e5 Play e Samsung Galaxy S8, presentando rispettivamente il doppio, il triplo, il quadruplo e il quintuplo del limite imposto per legge negli Stati Uniti d’America.
Una precisazione è, però, doverosa: le condizioni in cui sono stati eseguiti i test sono diverse da quelle ricreate dai test che autorizzano i device sul mercato.
Nello specifico, solitamente si attuano esperimenti a una distanza stimata dai 5 ai 15 millimetri, tra lo smartphone e il “tessuto” interessato.
Apple, ad esempio, esegue i suoi test alla distanza minima di 5 millimetri, ed è sempre risultata in regola con i suoi dispositivi.
Tuttavia, secondo il Chicago Tribune, questi parametri non sono del tutto affidabili, dal momento che al giorno d’oggi portiamo spesso lo smartphone all’interno della tasca dei pantaloni o nel taschino della giacca o della camicia.
Motivo per cui l’esperimento del Chicago Tribune si è spinto fino a ravvicinare lo smartphone a una distanza di soli 2 millimetri.
Naturalmente, i produttori coinvolti hanno contestato i risultati del test, giudicati non affidabili né corretti. A tal proposito, Apple ha contestato le diverse condizioni ricreate per l’esperimento, mentre Samsung ha emanato una nota all’interno della quale specifica che tutti i suoi smartphone sono approvati dalla FCC. Infine, Motorola ha rifatto i test con maggiore accuratezza, ottenendo ancora ottimi risultati, al di sotto dei limiti massimi stabiliti per legge.
Il portavoce della Federal Communications Commission, Neil Grace, ha dichiarato:
“Prendiamo sul serio qualsiasi pretesa di non conformità con gli standard di esposizione alle radiofrequenze (RF) e otterremo e testeremo i telefoni in questione per la conformità con le norme FCC”.
Nonostante qualsiasi dubbio in materia non debba mai essere trascurato, ma anzi confutato con ulteriori test di laboratorio, in realtà l’esperimento ha in sé alcuni notevoli limiti, come evidenziato dallo stesso giornale. Innanzitutto, sono stati testati solo pochi esemplari per ogni modello – 1 o 2 nella maggior parte dei casi –, sottoposti poi a condizioni raramente riscontrabili nella realtà. Infine, lo studio ha eseguito test diversi da quelli normalmente effettuati per legge, e non dimostra l’effettiva connessione tra l’emissione di onde elettromagnetiche e l’insorgenza di patologie importanti.
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