Lo stato della salute in Europa: i dati in un anno fortemente segnato dalla pandemia tuttora in corso, ha posto l’accento su come le vulnerabilità dei sistemi sanitari abbiano profonde ripercussioni sulla salute delle persone, nonché sul progresso economico e sulla coesione sociale.
Il Covid-19 ha evidenziato la necessità di migliorare la raccolta e lo scambio di dati: per la frammentazione e la scarsa interoperabilità, i sistemi informativi sanitari si sono infatti rivelati inadeguati a fornire le informazioni giuste alle persone giuste, al momento giusto.
Costruire sistemi sanitari resilienti capaci di affrontare pandemie e altri tipi di crisi è diventato ora più che mai fondamentale. Questo è il monito che emerge dal report “Health at a Glance: Europe 2020” recentemente pubblicato dall’Ocse.
Nonostante il Covid stia monopolizzando la nostra attenzione, non vanno persi di vista altri importanti fattori di rischio per la salute delle persone. Qual è allora lo stato della salute dei cittadini europei?
Nel complesso, l’aspettativa di vita nell’UE è di 81 anni, un trend che era stato finora in crescita, anche se con qualche rallentamento in alcuni paesi dell’Europa occidentale; certamente la pandemia porterà ad un’ulteriore stagnazione, se non a una riduzione dell’aspettativa di vita nel 2020, specie nei paesi maggiormente colpiti.
Spagna e Italia sono i paesi dove si vive più a lungo (con un’aspettativa di vita di oltre 83 anni nel 2018); fanalino di coda sono invece Bulgaria, Lettonia e Romania dove la media è intorno ai 75 anni. Le donne continuano a vivere più a lungo degli uomini in tutti i paesi dell’UE – quasi 6 anni in più – sebbene il divario si sia ridotto di circa un anno dal 2000. Oltre che dal genere, il dato è influenzato anche dalle condizioni socioeconomiche: gli uomini di 30 anni con un basso livello di istruzione hanno un’aspettativa di vita inferiore di circa sette anni rispetto a quelli con un diploma universitario o equivalente, mentre fra le donne questo divario scende a circa tre anni.
Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2017, sono decedute nell’UE oltre 4,6 milioni di persone: fra le principali cause di morte vi sono le malattie cardiovascolari (oltre 1.700.000 di decessi) e i tumori (1.200.000), che insieme rappresentano oltre il 60% di tutti i decessi. Seguono le malattie respiratorie che hanno causato circa 366.000 decessi (ovvero l’8%).
Il consumo di tabacco e di alcol sono ancora i principali fattori di rischio comportamentale per la salute: nonostante i progressi fatti negli ultimi anni, essi sono responsabili rispettivamente di circa 700.000 e 255.000-290.000 decessi all’anno. Altri fattori di rischio sono rappresentati dall’uso di droghe (circa il 15% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni dichiara di aver fatto uso di cannabis nell’ultimo anno), dai problemi di peso e dalle abitudini di vita sedentarie. Vi sono poi i fattori ambientali: si stima che nel 2018 tra le 168.000 e le 346.000 morti premature possano essere attribuite all’inquinamento atmosferico da polveri sottili.
Con riflessi anche a livello economico: una stima prudente mostra una perdita annua del 4,9% del PIL dovuta alle conseguenze dell’inquinamento ambientale e al suo impatto sulla salute dei cittadini. Ecco perché, si sottolinea nel report, è di primaria importanza che la ripresa post-Covid sia ora più che mai green.
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