La sicurezza alla guida. Non solo per chi sta all’interno dell’abitacolo, ma anche per le persone che ci circondano. Un concetto fondamentale che tanti brand automotive hanno sposato, ma va sottolineato come Volvo abbia da sempre puntato con forza su questi aspetti. La prova è la comparsa della cintura di sicurezza a tre punti, nel 1959 sulle Volvo Amazon 120 e sulle PV 544. L’ideatore fu Nils Bohlin, ingegnere Volvo. La cintura di sicurezza a tre punti che ancora oggi è montata sulle nostre auto, questo viene considerato uno dei brevetti che maggiormente ha cambiato il mondo del trasporto.
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Gunnar Engellau, Presidente Volvo, volle fortemente le nuove cinture di sicurezza perché un suo parente aveva perso la vita in auto, nonostante ne indossasse una a due punti. Volvo decise immediatamente di regalare il brevetto a tutte le case produttrici di auto, ma non fu semplice convincere i propri clienti e l’opinione pubblica dell’importanza di questa incredibile invenzione. Eppure fino ad oggi la cintura di sicurezza a tre punti ha salvato oltre un milione di vite.
“Ora comincia il cammino per salvare un altro milione di persone” ha spiegato Michele Crisci, Presidente di Volvo Car Italia.
“La sicurezza è nel DNA di Volvo. Riteniamo che un costruttore automobilistico abbia il dovere di occuparsi di tutti i fattori che influiscono sulla sicurezza del traffico. In passato così come oggi, le nostre proposte hanno fatto e fanno discutere. Noi siamo convinti che l’importante sia mantenere viva l’attenzione di tutti sul tema, anche provocando reazioni” ha proseguito Michele Crisci.
La prova dell’impegno di Volvo in merito alla sicurezza è l’introduzione del limite di velocità a 180 km/h in tutte le vetture. Da sottolineare anche il rivoluzionario sistema Care Key: questa tecnologia permette di impostare ulteriori limiti di velocità sulla propria auto, nel caso volessimo prestarla ad un familiare. In questo modo Volvo vuole tutelare la sicurezza dei guidatori meno esperti, come ad esempio un figlio più giovane o un parente (o amico) neopatentato. Inoltre è in programma di montare sensori e telecamere nell’abitacolo per evitare la guida in stato di ebbrezza o sonnolenza, con l’obiettivo di salvare un altro milione di vite.
“La sicurezza è un approccio mentale – spiega Crisci – la missione di Volvo è quella di proteggere la vita delle persone. Pensate ai dummies che vengono utilizzati per i crash test: prima erano solo uomini. Volvo ha introdotto dummies femminili e di diversa corporatura, così da avere dati utili per ogni tipo di persona che sale su una delle nostre auto; per tutelare al meglio l’incolumità di chiunque”.
La società vanta un costante impegno per sensibilizzare le persone: come nel caso delle cinture di sicurezza che vanno indossate anche sui sedili posteriori. Volvo ci ricorda che con un urto a 50km/h, un corpo umano può accumulare un peso tra le 3 e le 5 tonnellate. Si possono subire lesioni e causarle anche a chi è seduto davanti. “La storia di Volvo è costellata di propositi nobili, da sempre è nostra intenzione realizzare quelle che vengono reputate utopie. Siamo sempre stati molto coerenti nella ricerca della sicurezza, questa cosa ci è riconosciuta. Noi perseveriamo perché la nostra missione è quella di arrivare a non vedere mai più nessuno perdere la vita alla guida di una nostra auto”.
“Le nostre idee negli anni ’80 e ’90 erano lontanissime dal sentire comune, erano ritenute noiose, per nulla vincenti. Ma noi abbiamo avuto ragione. Non solo per questo periodo strano che stiamo vivendo, già da diversi anni i nostri valori stavano diventando importanti per molti. Crediamo con forza nella salvaguardia della vita, nell’onestà intellettuale”, ha proseguito Crisci.
“Ora stiamo assistendo al consolidamento di questi valori, il pubblico sa identificare chi ci ha sempre creduto. C’è chi adesso parla di ecologia, ambiente, sicurezza. Ma noi abbiamo sempre puntato in questi temi. C’è una maggiore sensibilità anche da parte delle persone, soprattutto dei giovani.
Finalmente i nostri sforzi sono riconosciuti, solo qualche tempo fa il marketing sociale non aveva lo stesso peso: andava fatto, ma in pochi ci credevano davvero. Noi non seguiamo questi valori per spingere qualcuno a comprare una Volvo. Lo facciamo per creare una comunità, per non avere acquirenti, ma ambasciatori che credono negli stessi valori ai quali crede Volvo”.
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