Per la prima volta dopo mesi, a luglio, la fiducia in investimenti tecnologici risale seppure di poco. Lo rivelano i dati del report mensile IFIIT. 34,10 punti è la soglia raggiunta, quando tra aprile e giugno era rimasto stabile nella fascia compresa fra i 33,50 e i 33,90 punti. Una notizia positiva, in parte, anche […]
Per la prima volta dopo mesi, a luglio, la fiducia in investimenti tecnologici risale seppure di poco. Lo rivelano i dati del report mensile IFIIT.
34,10 punti è la soglia raggiunta, quando tra aprile e giugno era rimasto stabile nella fascia compresa fra i 33,50 e i 33,90 punti. Una notizia positiva, in parte, anche se prosegue una fase di affanno e di incertezza che non fa bene all’imprenditoria del nostro Paese. La recessione fa sì che a investire in progetti di sviluppo e di innovazione tecnologica siano solo gli imprenditori che vivono di esportazione e/o di internazionalizzazione, oppure quelli che, pur lavorando sul mercato interno, sono collocati su nicchie profittevoli.
Il forte orientamento ai mercati esteri è un segnale chiaro della difficoltà di progettare attività produttive in Italia. Commenta Paolo Gila, ideatore di IFIIT ” L’umore degli imprenditori è sospeso tra l’ansia di un riscatto, morale ed economico, e la consapevolezza della gravità di una crisi che investe più piani e che impone prudenza. Come già anticipato in un precedente bollettino di Ifiit, è in aumento il numero delle società che trasferiscono la loro sede legale all’estero continuando ad operare in Italia ma solo sulla base di ridotte capacità dimensionali.”
“Quanto e come sarà possibile continuare a produrre in Italia? E’ questo l’interrogativo che emerge con forza dallo scambio di idee e di riflessioni con il mondo degli imprenditori che hanno risposto al questionario dell’indice Ifiit.” conclude Gila
Alti livelli di attenzione per ricerca e innovazione riguardano purtroppo solo i grandi gruppi industriali, e alcuni distretti e filiere produttive orientate ai mercati esteri.
Si indebolisce ulteriormente il tessuto delle piccole e micro imprese. La domanda langue e i pagamenti, sempre più difficili da ottenere, creano disagi e a volte provocano l’impossibilità di proseguire nella propria strada imprenditoriale.
In materia di digital divide le differenze tra regioni divengono più marcate. Mentre realtà come Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Lazio, dimostrano iniziative e acquisizione di competenze per sviluppare reti a banda larga e relativi servizi, il sistema-paese nel suo complesso dimostra una indecisione che blocca un vero rilancio.
E il Meridione torna a soffrire.
Guardando ai comparti produttivi, i più propensi agli investimenti in innovazione sono i settori del made in Italy tipicamente orientati alla esportazione: metalmeccanico, fashion, lusso, alcune filiere agroalimentari e l’energetico. Non sono da meno i comparti high-tech, il farmaceutico e l’avionico.
Una relativa stabilità dimostrano il settore distributivo, il bancario-assicurativo, l’automobilistico e il mondo dei servizi.
Ancora in discreto calo l’edilizia, il mondo del commercio al dettaglio, le categorie professionali, la micro-impresa e alcuni distretti la cui competitività comincia a cedere posizioni.