Dà lezioni di Internet a tutti. Domitilla Ferrari è un punto di riferimento per tutti sui social network per lei la Rete non è un lavoro, ma la sua passione
di Barbara Silbe Foto by QGphoto
Ha iniziato dalla cronaca locale, sogna un taccuino per scrivere sotto la doccia e dà lezioni di Internet a tutti. Domitilla Ferrari è un punto di riferimento per tutti sui social network per lei la Rete non è un lavoro, ma la sua passione
È sempre collegata in Rete, o quasi. Su Twitter la trovate come @domitilla, ma il suo storico nickname è Semerssuaq: il nome di una principessa eschimese che per mantenere unito il regno, alla morte del figlio, ne sposò la moglie. Una storia di leadership al femminile, ma forse anche una faccenda glbtq o anche solo un po’ queer, quel tanto che basta a introdurre una delle donne più presenti e famose del Web: Domitilla Ferrari. Laureata in Psicologia del Marketing e della Comunicazione, ha iniziato lavorando in redazioni radio, tv e quotidiani e nel 2011 è stata citata da Wired come uno dei 50 italiani da seguire su Twitter: attualmente ha oltre 12.000 follower, in divenire. Ha un curriculum chilometrico, grandi occhiali neri da nerd, una faccia che risulta simpatica anche senza che lei parli. Ha fatto la giornalista, la social media strategist e, come esperta di marketing e comunicazione online, interviene a convegni, tavole rotonde, corsi universitari e non. Ha 40 anni ed è mamma di una bambina di 4.
Sul suo blog lei si definisce “guru dell’ovvio”. Ci spiega perché?
Trovare cosa evidenziare in un’analisi significa, spesso, portare alla luce cose ovvie, spiegarle in modo semplice. All’inizio della mia carriera lavorativa puntavo a cercare subito i dettagli, perché pensavo che le cose ovvie fossero evidenti a tutti. Ho scoperto poi che non è così e che si deve sempre partire dall’ovvio. Quando mi sono trasferita a Milano ho iniziato a collaborare con Il Giorno, nella cronaca locale e – pur essendo appena arrivata – riscuotevo grande approvazione: riportare alla luce le cose a cui gli altri si erano assuefatti e spesso arresi ha consentito il successo delle mie piccole inchieste in città, ma poi ho deciso di cambiare mestiere. A far la giornalista ci ero capitata un po’ per caso: ottima scuola di osservazione e organizzazione, ma ho studiato marketing e la comunicazione m’interessa quando è funzionale a uno scopo. Per questo ho colto un’occasione al volo rispondendo a un annuncio per un lavoro nel digital di Mondadori per vedere l’editoria da un altro punto di vista.
Come ha iniziato ad affacciarsi sul web, cosa faceva da piccola, cosa fa ora e cosa farà da grande?
Il mio blog (www.domitillaferrari.com/semerssuaq) ha compiuto 10 anni: lì parlo di marketing, comunicazione, ma anche di tanti fatti miei. Il mio primo computer l’ho comprato nel 1999. Dieci anni prima mio nonno mi aveva regalato un corso da programmatore: ero quindicenne e ho imparato a usare un linguaggio ormai desueto. Poi solo carta e penna per anni fino a quando i blog hanno iniziato a diffondersi. Le piattaforme che avevamo a disposizione erano molto basilari, però davano la possibilità di fare delle piccole modifiche scrivendo pezzetti di codice. Ecco, più che scrivere post mi piaceva capire come fare a trasformare il blog, aggiungere una colonna, per esempio. E per farlo, spesso, serviva chiedere informazioni a chi ci aveva già provato. Dovevi conoscere gente. La mia curiosità tecnica è diventata curiosità social.
Sul suo sito esordisce dicendo “Ho due blog e un account su forse tutti i social network”. Come mai questa presenza capillare?
Sono curiosa e m’iscrivo a tutto, ma uso soprattutto Twitter, Facebook, Instagram (ma non spesso) e tanto l’e-mail. Mi piace essere in contatto con le persone, ma soprattutto mi piace metterle in contatto. Dalla condivisione delle conoscenze nascono sempre progetti interessanti. Tre anni fa ho aperto un altro blog, “Pappa e Ceci”, dove appunto ricette e racconto le mie avventure col giardinaggio in balcone e, a volte, anche cosa vuol dire per me essere mamma. Meno di un anno fa ho deciso di rendere utile l’interesse che la gente ha per le cose che scrivo e ho iniziato a usare la mia presenza online per sostenere la raccolta fondi dell’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati: dono il mio tempo per far conoscere l’emergenza di posti come la Siria, dove i rifugiati in fuga dalle violenze sono quasi due milioni. Sul blog accetto sponsorizzazioni, ma solo per una buona causa. Dono tutti i proventi del blog all’UNHCR, con cui sono in contatto per tracciare le donazioni che – per amor di trasparenza – elenco in una pagina dedicata sul blog.
E che cosa ha significato essere così tanto “social” nella sua carriera?
Tutti i progetti in cui sono coinvolta hanno un lato social e il fatto che io non solo sappia usare la Rete, ma ne faccia parte, mi è sempre molto utile. Succede ancora che non tutti capiscano il vantaggio. Per tante persone i social network sono una perdita di tempo. Secondo me perdi tempo se vuoi perderlo, se usi Facebook come una chat o per farti i fatti degli altri. Io uso Twitter per tenermi informata, ma mi è utile perché ho ben selezionato le mie fonti: ho creato un network. Ci vuole tempo, è vero, ma dire di non averne è una scusa: io guardo spesso scorrere le notizie mentre faccio colazione e le leggo poi sui mezzi pubblici, mentre vado in ufficio. Ottimizzo il tempo perso.
Qual è la cosa che più le piace fare?
Non vorrei sembrare un’entusiasta eccessiva (sorride), ma mi piace fare tutto quello che faccio. Ho una bimba di 4 anni. Fare la mamma mi riesce bene, ma potrei migliorare. Cucinare è una necessità: mi piace mangiare bene. Ho imparato a fare il pane perché non mi piaceva quello che compravo dal panettiere. Ho fatto un corso di panificazione in una scuola di alta cucina, a Firenze. Se devo fare una cosa devo farla bene. E studiare per farla fa parte del divertimento. Il networking mi viene naturale. Anni fa, nell’ufficio dove lavoravo, arrivò un nuovo capo che fece un colloquio a ciascuno di noi, per conoscere meglio la squadra. Mi chiese quali fossero i miei interessi e io risposi «Internet». «No – mi disse – questo è il tuo lavoro». Dovetti insistere…
Dal vivo lei è molto simpatica, ma pensa di esserlo di più sul web. Perché?
Dico sempre che online posso sembrare più simpatica di quello che sono davvero. Ho sempre pensato di essere poco socievole, meno di quanto io non sia social. Nessuno di noi è davvero online 24 ore su 24. Ognuno di noi sceglie cosa condividere di sé. Se sono triste o preoccupata per qualcosa, magari non lo scrivo. Fatte le somme sembriamo tutti un po’ più simpatici e spensierati leggendoci solo online.
L’intervista completa su Digitalic n. 18